Ricordi evocati dallo sguardo della memoria, in una Milano trasfigurata dal presente, una città internazionale lanciata verso il futuro. Ma in questo periodo delle festività natalizie è dolce il ricordo delle tradizioni della milanesità.
Iniziando dalla Fiera degli Oh Bej! Oh Bej!, impossibile in quest’anno travolto dal Covid, ma comunque già trasferita attorno al Castello Sforzesco, quindi purtroppo privata della sua identità. Il 7 dicembre. Sant’Ambrogio. La Fiera di Oh bej! Oh bej! Tutti i milanesi assistevano via via a una delle Messe celebrate durante la giornata e all’uscita si accalcavano attorno alla basilica del Patrono, circondata dalle bancarelle. Questo dal 1866, perché nei secoli precedenti, a partire dal 1288, la fiera si teneva nei pressi della chiesa di Santa Maria Maggiore, la cosiddetta Cattedrale invernale. Mille bancarelle, odori intensi, profumi, in mezz al baccan de la fera. I croccanti, la frutta secca, il torrone, i fironàtt a offrire i firòn, le collane di castagne cotte al forno.
E i tanti giocattoli, la piccola bancarella con accanto l’uomo che offre la meraviglia delle palle di vetro con all’interno un minuscolo Duomo, o una fata, o due gnomi, o Babbo Natale con la slitta: basta scuoterle appena e la neve riempie la palla di vetro, per andarsi poi a posare lentamente sul fondo.
Il pranzo di Natale. La mattina del 25 dicembre gli androni e le scale delle case milanesi si riempivano dei profumi speciali delle tante portate che compongono il pranzo di Natale. E a tavola, qualche ora più tardi, si riassaporeranno ricette tramandate di generazione in generazione, la tradizione della lenta cottura della cucina milanese conservata nei quaderni antichi delle famiglie. L’antipasto con i salumi, la giardiniera, il patè di fegato di vitello in gelatina, i nervitt in insalata. A seguire i ravioli in brodo e il re dei secondi piatti, il cappone, oppure el biancustà accompagnato dalla mostarda e dal contorno doppio di purè e spinaci al burro. Un pranzo che richiede tempo, cura, pazienza, come quando ci si mette in contatto con quanto di intensamente significativo e profondo, così da celebrare degnamente anche a tavola la più importante Festività. Che si conclude con la tradizione più significativa di Milano, diventata nazionale: il Panettone. Ludovico il Moro, Cecilia Gallerani, Toni il garzone, un dolce bruciato, tutti protagonisti del Natale del 1495. Una storia d’amore che darà il privilegio a Milano di un dolce natalizio assolutamente speciale. E con un bicchierino di alchermes. Il liquore che si faceva in casa. “Si compera dal fondeghèe (il droghiere) una bottiglia di spirito e una bottiglietta particolare, con una decorazione tutta intorno di vetro più spesso e un buscion (turacciolo) di legno; si mescola tutto assieme e si lascia riposare per quindici giorni; poi si filtra ed ecco fatto”.
L’Epifania. Il corteo dei Magi, una delle più antiche tradizioni di Milano.
Il 6 gennaio il corteo parte da Piazza del Duomo alla volta della Basilica di Sant’Eustorgio, percorrendo via Torino, le Colonne di San Lorenzo, corso di Porta Ticinese, infine piazza Sant’Eustorgio. I Magi, il vessillifero che porta la Stella Cometa, i sei Gonfaloni delle Porte storiche della città: Orientale, Romana, Comasina, Vercellina, Ticinese, Nuova. E ancora le dame, i cavalieri, i dignitari, i popolani, i pastori, accompagnati tutti dal suono potente e festoso delle campane del campanile che è il più alto di Milano, l’unico sulla cui punta non c’è la croce, al suo posto la stella di luce a otto punte, simbolo della stupefacente notte di Betlemme…
Giovanna Ferrante (giornalista e scrittrice milanese)