Milano ha davanti un futuro faticoso, in cui dovranno essere ricomposte molte fratture, ricostruiti rapporti sociali e identità, accorciate le disuguaglianze. Non sarà facile perché intorno a noi qualche maceria è rimasta. Le periferie vanno seguite come la Zona 1, i più fragili avranno bisogno di più aiuto perché saranno sempre di più. Bisognerà migliorare il sistema educativo perché non tutti possono andare al Leone XIII o al San Carlo oppure alle scuole pubbliche e quotate. Bisognerà ripensare completamente la medicina territoriale e quella degli ospedali. Sarà necessario ripensare un nuovo sistema di sviluppo, prendere coscienza che a Milano non ci sono più le fabbriche, ma sono rimasti e ritornati gli operai del terziario: rider, trasportatori dei corrieri, addetti alle cucine, lavoratori della logistica, stagisti. E a loro si aggiungono gli immigrati, i senzatetto, chi ha perso il lavoro, chi lo perderà. Il lavoro precario (flessibile, come piace dire ad alcuni) è diventato una gabbia rigidissima, che ha buttato fuori dal mercato un numero enorme di persone. Conseguenze anche di quella Geek Economy tanto esaltata, ma in grado di impoverire un sacco di gente e di arricchire a strafottere pochi fortunati. Milano dovrà diventare una città più equa. Ho riscontrato in una certa sinistra un po’ di fighettismo e un po’ troppo poca capacità di sporcarsi le mani. A fronte di una destra aggressiva e disinvolta nel surfare sulle difficoltà e addirittura creandone di nuove (mi riferisco ai casini della Regione). Finché le cose sono andate bene, in nome dell’attrattivitá, i problemi non si volevano vedere e si pensava di volare. Poi anche quando la pandemia è iniziata abbiamo voluto dimostrare che potevamo volare lo stesso anche con un’ala ferita. Così il tonfo è stato pesantissimo. I verbi ricominciare e riprendere sono stati coniugati solo sul versante economico, cinicamente quello delle opportunità, senza curarsi di quale fosse l’altra faccia di questo meraviglioso secondo boom, con conseguente ripartenza del PIL. Della ripresa e del reinizio dei contatti umani, dell’umanità in primo piano, non ho sentito mai parlare. Ci riprenderemo, ma credo lentamente, proprio com’è successo dopo l’attentato di Piazza Fontana, 51 anni fa. Anche allora Milano fu colpita per prima e soffrì…
Marco Dell’acqua (giornalista e scrittore)