Massimo Introzzi. “Milano è una grande città universitaria, ricca di giovani capaci. Facciamola diventare un modello internazionale di rinascita economica, scientifica, culturale e sociale da uno dei periodi più duri dell’Umanità”

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Già, la mia Milano. Vabbè, è vero, non sono milanese, non ho il qualificante F205, ma sono ormai 35 anni che ci vivo e 42 che la frequento. Molto ho visto delle trasformazioni e dei cambiamenti che si sono rincorsi in questi decenni. Grandi cambiamenti, che hanno trasformato la più grande città industriale Italiana in una delle principali metropoli mondiali, centro indiscusso della moda, del design, del mobile e di molte altre attività che ci vengono riconosciute come fiori all’occhiello, appunto, di Milano, ma anche dell’Italia intera. In questi ultimi giorni ho visto, letto e ascoltato molto su Milano e tra tutti due fatti mi hanno colpito e continuano a frullarmi in testa. Il primo è il discorso d’apertura dell’Anno Scolastico di Giovanna Iannantuoni, Magnifico Rettore dell’Università Statale di Milano-Bicocca, ateneo in cui mi onoro indegnamente di insegnare. L’ho trovato molto bello e ha sottolineato il profondo legame tra la città di Milano e le sue università. In un passaggio del discorso ha evidenziato come la nostra città abbia sul proprio territorio otto atenei e come questo la ponga alla pari con i grandi centri universitari internazionali, fra tutti Boston e Londra.

Giovanna Iannantuoni, rettrice dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca

Questo non solo per numerosità, ma soprattutto per livello qualitativo dell’insegnamento e della ricerca che viene effettuata, dei docenti dei ricercatori, degli studenti e di tutto il personale. Molta strada è stata percorsa da quando frequentavo il Politecnico, sono veramente contento di esserci stato e aver visto i miglioramenti. E in piccolissima parte anche di aver potuto e di poter ancora partecipare a tutto questo. Il secondo pensiero che alberga nella mia mente si è formato chiacchierando con alcuni amici (loro sì milanesi doc), commentando la situazione che ci sta condizionando in tutte le nostre attività, nella nostra vita famigliare e di tutti i giorni. Mi ha colpito molto una delle frasi che esprime secondo me un concetto importante: “Speriamo di poter presto raccogliere le macerie e cominciare a ricostruire”. Questo pensiero, meglio di altri, esprime lo spirito milanese nel quale mi riconosco appieno. Non importa quanto sia stata dura o cosa sia successo, cosa sia necessario fare: lo faremo. Ci rimboccheremo le maniche e alzando lo sguardo punteremo a un nuovo futuro, a una nuova normalità, che costruiremo con convinzione e determinazione. La figura delle maniche rimboccate è a me molto cara, mi piace perché so di condividerla con persone che hanno la cultura del lavoro, una forte resilienza e che non si fanno abbattere dalle avversità. Prendendo spunto da queste due riflessioni ho maturato la convinzione che in realtà non stiamo facendo a sufficienza per Milano e per noi stessi. Bisogna essere tutti convinti che lo spirito di Milano, la cultura del fare e del guardare al futuro, è fondamentale per migliorare non solo le nostre vite, ma per supportare il rilancio di tutta la nostra nazione. Proviamo a utilizzare la voglia di guardare avanti (che ha sempre contraddistinto Milano) e la grande presenza di giovani che esprimono cultura, scienza e capacità di innovazione. Facciamo diventare Milano un modello mondiale di come si rinasce da uno dei periodi più duri dell’umanità moderna. E’ una proposta? Un’idea? un progetto? Lascio la valutazione ai lettori, mettendomi ovviamente a disposizione. Io ci sono…

Massimo Introzzi (docente universitario e consulente aziendale)