Storia della Colonna Infame di Alessandro Manzoni: un’opera a metà fra storia e attualità

• Prima stesura finita nel 1824.
• Goethe criticava le pagine dei Promessi Sposi riguardanti la peste, a causa di un poco equilibrato rapporto tra storia e verità. La critica di Goethe indusse Manzoni ad abbandonare la scrittura creativa a favore di quella storica e relativa a questioni linguistiche.

La Colonna Infame:
• Dei giudici accusarono degli innocenti.
• Luogo e tempo in cui ebbe inizio la storia: 21 giugno 1630: via della Vetra de’ Cittadini, dalla parte che mette al Corso di Porta Ticinese (quasi dirimpetto alle Colonne di San Lorenzo): viene visto un untore imbrattare i muri; si apre quindi il processo.
• Il muro unto assumeva un colore giallo.
• Guglielmo Piazza, commissario della Sanità, viene arrestato con l’accusa di essere untore.
• “Gli statuti di Milano, per esempio, non prescrivevano altre norme, né condizioni alla facoltà di mettere un uomo alla tortura, se non che l’accusa fosse confermata dalla fama, e il delitto portasse pena di sangue, e ci fossero indizi; ma senza dir quali.”
• Le gride dei governatori di Milano valevano fino a quanto durava il governo dei loro autori; e il primo atto del successore era di confermarle provvisoriamente.
• C’erano giudici che inventavano torture.
• “… è error comune de’ giudici il credere che la tortura sia arbitraria; come se la natura avesse creati i corpi de’ rei perché essi potessero straziarli a loro capriccio.”
• “Un giudice può, avendo in carcere una donna sospetta di delitto, farsela venire nella sua stanza secretamente, ivi accarezzarla, fingere di amarla, prometterle la libertà affine d’indurla ad accusarsi del delitto, e che con un tal mezzo un certo reggente indusse una giovine ad aggravarsi di un omicidio, e la condusse a perdere la testa.”
• Una bugia dell’accusato era sufficiente per condannarlo alla tortura.
• “La bugia per fare indizio alla tortura dev’esser provata concludentemente, o dalla propria confession del reo, o da due testimoni… essendo dottrina comune che due sian necessari a provare un indizio remoto, quale è la bugia.”
• Molto citato Verri.
• I giudici cercano di fare dire bugie al Piazza, senza successo. Nonostante questo, il presunto reo viene condannato alla “tortura più grave, con la legatura del canapo” (consisteva nel legare con una corda i polsi del reo dietro la schiena e poi nell’issare il corpo tramite una carrucola. Il peso del corpo veniva così a gravare tutto sulle giunture delle spalle). Il solo dubbio (“potrebbe essere stato lui”) manifestato da un cittadino, per il tribunale diventa certezza.
• Pietro Verri: filosofo, economista, storico e scrittore milanese, tra i massimi esponenti dell’illuminismo italiano. Giuseppe Ripamonti: storico, cronista della peste del 1630. Principale fonte dei Promessi Sposi.
• Al Piazza viene consigliato di confessare la sua colpevolezza, in modo tale da evitare di essere torturato ogni giorno. Inventa perciò una storia, dicendo che il barbiere Giangiacomo Mora è stato suo complice.
• Nel 1600 i barbieri praticavano anche bassa chirurgia.
• Ranno: miscuglio filtrato di cenere e acqua bollente, utilizzato per lavare i panni.
• Maidé: antica interiezione milanese corrispondente al toscano madiè, che significava in origine “mio Dio”.
• Contrada di San Bernardino: una delle otto contrade in cui è divisa la città di Legnano.
• L’unguento era composto dalla bava dei morti con l’aggiunta di sterco.
• “Quell’infernale sentenza portava che, messi sur un carro, fossero condotti al luogo del supplizio; tenagliati con ferro rovente, per la strada; tagliata loro la mano destra, davanti alla bottega del Mora; spezzate le ossa con la rota, e in quella intrecciati vivi, e alzati da terra; dopo sei ore, scannati; bruciati i cadaveri, e le ceneri buttate nel fiume; demolita la casa del Mora; sullo spazio di quella, eretta una colonna che si chiamasse infame.”
• La colonna fu eretta nel 1630, tra le attuali via Giacomo Mora e corso di Porta Ticinese, fu demolita nel 1778 durante l’amministrazione austriaca. “… nel 1803, fu sullo spazio rifabbricata una casa; e in quell’occasione, fu anche demolito il cavalcavia […] sicché non c’è più nulla che rammenti, né lo spaventoso effetto, né la miserabile causa.”
• Contrada della Vetra: contrada di Milano appartenente al sestiere di Porta Ticinese.
• Muratori (storico e scrittore del Settecento): “si giunge ad imprigionar delle persone, e per forza di tormenti cavar loro di bocca le confession di delitti ch’eglino forse non avranno mai commesso, con far poi di loro un miserabile scempio sopra i pubblici patiboli.”
• Pietro Verri fu il primo a scrivere la verità dei fatti, parlando dei colpevoli e delle vittime innocenti.
• Opera fondamentale per chi vuole conoscere una parte rilevante, dolorosa e macabra della storia milanese e italiana.

La targa che ricorda la brutale uccisione di Giangiacomo Mora, durante la pestilenza milanese del 1630


• Oggi tra l’angolo di Via Giacomo Mora e corso di Porta Ticinese è presente una palazzina: nel 2005 vennero poste una scultura in bronzo e una targa:

“Qui sorgeva un tempo la casa di Giangiacomo Mora, ingiustamente torturato e condannato a morte come untore, durante la pestilenza del 1630. È un sollievo pensare che se non seppero quello che facevano, fu per non volerlo sapere, fu per quell’ignoranza che l’uomo assume e perde a suo piacere, e non è una scusa, ma una colpa”.

Alberto Fumagalli (scrittore milanese)