Il poeta Carlo Porta: la voce più alta della milanesità letteraria

La Milano di Giovanna FerranteNews

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Il 2021 è l’anno del bicentenario della morte di Carlo Portas, milanese per eccellenza, tranquillo borghese e poeta irriverente, che interpreta i fatti della vita e della storia del suo tempo scrivendo in dialetto, elevato a lingua letteraria “la lengua milanesa”, che ne costituisce l’originalità irripetibile.
Con l’arma della poesia fustigatore dei nobili e di un certo tipo di clero, difensore e interprete dei bisogni e dei sentimenti del popolo.
Nasce a Milano il 15 giugno 1775 e dieci anni dopo resta orfano di madre. Dopo poco viene iscritto al “Regio Imperial Collegio de’ Convittori” di Monza, luogo che ricorderà come infelicissimo e causa dei suoi anni più bui. Negli studi comunque otterrà brillanti risultati, anche se purtroppo dovrà abbandonarli per volontà del padre, con il quale Carlo avrà sempre un pessimo rapporto.
Lascia Milano per trasferirsi a Venezia, dove gli è stato trovato un impiego, grazie al quale potrà dare aiuto alle sorti economiche della famiglia, visto che a seguito dell’ingresso dei francesi, che hanno causato difficoltà ai fedeli all’Austria, il padre ha perso il posto di funzionario presso il Monte di S. Teresa.
Da Milano, città nella quale vivrà tutta la sua vita, si allontanerà solo nel biennio veneziano del 1798/1799; anni comunque esuberanti, euforici, lontano dalla severità familiare e illuminati dalla relazione con Adriana Cornier Diedo.
Il ritorno a Milano, l’impiego all’Intendenza Generale delle Finanze, poi sottocassiere dell’Ufficio di Liquidazione del Debito Pubblico. Il matrimonio con Vincenzina Prevosti, figlia di un gioielliere di via Orefici, e a seguire l’abbandono dell’abitazione di famiglia in Contrada degli Omenoni, per trasferirsi con la consorte in un appartamento in Contrada del Monte (oggi Via Montenapoleone al civico 2), proprio di fronte all’abitazione di Tommaso Grossi, il suo più caro amico, e dove nasceranno i quattro figli della coppia.
Accanto alla vita familiare e professionale arde perennemente la passione per la poesia, della quale ci ha lasciato una ricchissima produzione poetica.
Memorabili componimenti come “Desgrazzi de Giovannin Bongee” – “La nomina del cappellan” e quello che io ritengo il suo capolavoro, “La Ninetta del Verzée”. Della ragazza seguiamo il percorso d’amore per un piccolo delinquente, che la strappa dal banco di pesce al mercato di piazza del Verzaro per buttarla a fare la prostituta. Un amore tradito ogni giorno, fatto di umiliazioni e scandito da lacrime e dolore.
Afflitto da diversi problemi di salute, Carlo Porta muore il 5 gennaio 1821.
I funerali si terranno due giorni dopo, presso la parrocchia di San Babila.

Giovanna Ferrante (giornalista e scrittrice milanese)

(Immagine di copertina tratta da Milano Post)