Domenico Megali: “Il giorno di Sant’Ambrogio ho nostalgia di Milano”…

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Ecco, sì. Il giorno in cui si festeggia Sant’Ambrogio ho nostalgia di Milano. Soprattutto se il cielo è sereno, il freddo punzecchia la pelle e l’aria è pura. Ho nostalgia di Milano a Sant’Ambrogio. Ho nostalgia di me a Milano a Sant’Ambrogio. Una Milano silenziosa, ovattata, calma. Una Milano che si festeggia da sola e che lo fa con tutti i crismi, le sfumature del caso. Un po’ mamma e un po’ puttana. Una Milano sospesa, in attesa quasi in apnea. Una Milano dei riti da quelli delle amiche che si incontrano per una colazione frugale e veloce, che scelgono il centro per rivedersi tutte insieme in una delle cento pasticcerie che la città offre. Solo donne, solo amiche e non importa se da molti o pochi anni, c’è la voglia di incontrarsi, rivedersi, lo stare insieme. Chiacchierare e farsi gli auguri. Non si sa per cosa forse per l’imminente Natale, ma gli auguri ci sono anche a Sant’Ambrogio. Ci sono stati Sant’Ambrogi vicini alla classica del calcio Milan-Inter e vuoi mettere la gioia nel cuore quando capita quell’occasione? San Siro e Gattullo, abbinata magica. A Milano a Sant’Ambrogio le famiglie allargate si incontrano abbassando la guardia dell’astio, per uno spuntino, un panino e magari un cinema percorrendo avanti e indietro le vie del centro, e riappropriandosi dei luoghi che nel resto dell’anno sono vissuti di fretta e senza amore. Poi tutti a casa per fare l’albero. Da oggi si può anche a Milano, la purista e tradizionale e al diavolo chi lo fa prima. A Milano l’albero lo si fa oggi, poche storie. A Milano oggi era tradizione la fiera degli Oh bej! Oh Bej! con i mercatini che dalla fine dell’800 (1886) vendevano l’artigianato lombardo intorno alla basilica di Sant’Ambrogio. Ricordo di averla frequentata quand’era sui Navigli dove ancora si potevano incontrare artigiani veri venuti in città per l’occasione dalle valli bergamasche ma anche dalla bassa cremasca. A Sant’Ambrogio a Milano gli aperitivi per l’ora di pranzo o verso sera non si contano più, perché ci si deve incontrare ad ogni costo, bisogna stare fuori, all’aperto, salire e scendere dai tram, magari visitare una mostra tenendo i nipoti per mano ma anche organizzare in casa l’addobbo natalizio allargando l’invito ai fidanzati e fidanzate degli adolescenti. Ho nostalgia delle contestazioni de la prima de La Scala. Della tensione sociale che faceva attraversare svelte svelte le signore in pelliccia quello spazio di mezzo che separava la fermata dei taxi al foyer del Teatro riparati dagli scudi dei celerini. Milano uggiose, bagnate e serali. Quando ancora non c’erano le dirette durante la Prima nelle vie intorno La Scala c’era un silenzio rispettoso, si camminava piano per rispetto del rito che si stava compiendo, per rispetto degli autori, dei musicisti e anche del pubblico che si poteva permettere di partecipare. Nella vita di un milanese che si rispetti c’è sempre stato un periodo da Loggionista da rivendicare. E così nel corso dei decenni in cui a Milano sono cresciuto questo giorno mi è capitato di trascorrere dieci e più ore fuori casa dalla mattina alla sera, cercando l’abbraccio e l’affetto che questa città sa dare. Ripercorrevo mentalmente i riti, i movimenti, gli incontri, gli assaggi, gli inviti, le buone maniere e la tanta ipocrisia che abbonda copiosa nella vera Capitale d’Italia…

Domenico Megali (giornalista e scrittore)

(Immagine di copertina di Andrea Cherchi)