Da una storia familiare alla grande Storia. Luigi De Paoli “arbeiter” nel campo di concentramento di Freiberg – Flossemburg, il nuovo libro di Ornella Colli. Le famiglie italiane coinvolte nella Seconda Guerra Mondiale

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“Questo nuovo libro mi coinvolge molto a livello personale. Sono una storica, che ama appunto, raccontare le storie. E credo che la solidità delle fonti studiate con attenzione agevoli nel lettore la possibilità di immedesimarsi e vivere quasi in prima persona il contenuto narrato”. Battezza così, Ornella Colli, la nascita della sua seconda pubblicazione, DA UNA STORIA FAMILIARE ALLA GRANDE STORIA. LUIGI DE PAOLI “ARBEITER” NEL CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI FREIBERG – FLOSSENBURG, edito da Tralerighe Libri. Durante la Seconda Guerra Mondiale, il De Paoli lavorava come operaio presso il Calzificio Giudice di Cilavegna, nel Pavese. Partecipò allo sciopero del 2 marzo 1944 e alle agitazioni della primavera indette dal Comitato di Liberazione dell’Alta Italia. Arrestato dai tedeschi, fu condotto in Germania nel campo di concentramento di Freiberg-Flossenbürg. Dal 20 settembre 1944 è internato a Freiberg/Hesse (Stufe III, Liste F), dal 3 ottobre come Zivil Arbeiter è a Giessen (Hessen) e dal 17 maggio 1945 è a Hungen. Alla fine di questo calvario è rimpatriato come Internato Militare Italiano, con il numero 35409.

Milanese, una laurea in Storia e impegnata professionalmente nell’ambito delle risorse umane, la Colli sta coltivando sempre di più la sua grande passione per la scrittura e per le biografie familiari. “Ho almeno altri due racconti di vita, che ritengo molto interessanti da rendere pubblici”, rivela. “Due giovani vite spezzate nel mezzo della giovinezza, sulle montagne del Pasubio e nella profondità dell’Oceano Atlantico, in quel che resta di un sommergibile affondato”.

Praticamente in ogni famiglia del nostro Paese c’è stato un IMI. Come si spiega, dal punto di vista storico e per certi versi anche sociale?

“È vero, le famiglie italiane sono state molto coinvolte da questa serie di eventi. Ricordiamo anche che l’acronimo IMI sta ad indicare sia i soldati dopo l’8 settembre 1943 renitenti alla leva sia i civili internati nei campi di concentramento e di lavoro, come il mio prozio, per dissidenza o motivi politici, religiosi e razziali”.

È difficile ricostruire storie vere come questa, senza sconfinare nel racconto romanzato, frutto più di fantasia che di realtà?

“La storia che racconto nel mio ultimo libro inizia da una descrizione personale del mio vissuto con il prozio in famiglia, ma prosegue esclusivamente sulla base di documentazione conservata negli Archivi nazionali ed internazionali (Archivi tedeschi ed americani e Archivi svizzeri della Croce Rossa). La mia natura di storica mi porta a descrivere solo eventi realmente accaduti e documentati. Alla fine del libro, infatti, ho inserito un’appendice documentaria relativa agli eventi descritti”.