Nino Greco, manager della ristorazione aziendale: “Non siamo stati risoluti perché non conoscevamo il nemico. Ma lo choc della pandemia porterà nuove opportunità in ogni ambito”

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Chiacchierando fra milanesi adottivi, quali siamo, mi ha detto sorridendo che il suo arrivo in città è coinciso con l’inizio della sciagurata stagione di Tangentopoli. E che di conseguenza il suo trasferimento qui non è stato propriamente ricco di buoni auspici, né per lui, né tantomeno per Milano. Bettino Craxi queste le definiva “coincidenze straordinarie”. In realtà, scherzi a parte, è difficile associare, anche con un grande sforzo di fantasia, uno dei periodi più bui della storia cittadina (e non solo) al trasferimento milanese di Nino Greco, 60 anni, calabrese di Oppido Mamertina, sposato e padre di due figli, esperto dirigente aziendale nell’ambito della ristorazione e della fornitura di servizi alle imprese, con la passione per la scrittura (di buon successo è stato il romanzo La tana del fajetto, pubblicato nel 2015 con Pellegrini Editore). Nino è un caro amico e come tutti cari amici con cui ho la fortuna di poter incrociare i pensieri e i ragionamenti su questo blog ha reso fin da subito semplice e piacevole lo scorrere delle parole, a prescindere (per dirla con Totò) dagli argomenti affrontati. Che di fatto è uno solo, in tutte le sue sfumature, cioè l’Emergenza Covid. Una situazione (questa sì) da cui non si può prescindere e che ci riguarda tutti, chi più e chi meno. “Hai ragione, caro Ermanno. Come si fa a parlare d’altro? E’ quasi impossibile”, conferma. “Però oggi, a parte qualche eccesso di disubbidienza (chiamiamola così), la situazione appare più tranquilla e sotto controllo, anche se il pericolo di una qualsiasi tipo di ricaduta, ovviamente, è sempre dietro l’angolo. Certo, alla luce di quanto sappiamo posso dire che si poteva e si doveva fare di più. L’approccio con la pandemia non è stato tra i più risoluti, forse perché non conoscevamo il nemico”.

Nino Greco, 60 anni, calabrese trapiantato a Milano, sposato e padre di due figli, si occupa da molti anni di ristorazione aziendale e di fornitura di servizi alle imprese

Secondo te, l’informazione ha commesso molti errori?

“Senza dubbio dico sì. A parte i canali ufficiali, che in alcuni frangenti hanno destato confusione per la non univocità, è pesata molto l’attività informativa che ormai parte e passa dai social network. Una canea impazzita e il cavalcare a briglia sciolta i messaggi che più facevano comodo alla fazione politica di cui ci si sentiva parte è stato lo sport preferito da molti, senza pensare che si andava ad alimentare una situazione già caotica di suo”.

Entriamo nel merito dei provvedimenti presi dalle autorità lombarde e milanesi. Da cittadino che opinione hai al riguardo?

Ho subito avvertito, dopo i primi provvedimenti, una sorta di insicurezza, forse perché le fonti che originavano i provvedimenti stessi trasmettevano insicurezza. C’è stato qualche passaggio in cui ho pensato che quei provvedimenti fossero condizionati da pressioni, da parte di segmenti sociali e produttivi. E a dirla tutta anche da pressioni politiche”.

Parliamo adesso delle conseguenze di questa pandemia sul mondo del lavoro, in particolare, ovviamente, il tuo. Come ti sei organizzato? Com’è cambiata (se è cambiata) la tua attività in questo periodo? E quali sono (se ci sono) le politiche aziendali per la ripartenza?

“Il primo scossone l’abbiamo avvertito e assorbito con delle conseguenze in termini di calo del fatturato. La chiusura totale o parziale dei building dei nostri clienti ha prodotto un logico calo della produttività. Ci siamo trovati di fronte al dilemma se applicare pedissequamente quanto contrattualizzato oppure andare incontro al cliente e assecondare le richieste di revisione. Ho optato per la seconda ipotesi, con la convinzione che di fronte alle emergenze essere solidali non guasta, anzi aiuta a consolidare il rapporto di fornitura, facendo aumentare i crediti di affidabilità e serietà, quindi puntare sul futuro con maggior fiducia”.

Un’altra bella immagine di Nino Greco, immortalato ad un incontro pubblico. Il manager calabrese coltiva la passione per la scrittura. Il suo romanzo La tana del fajetto, pubblicato nel 2015, ha riscosso un buon successo

Non pensi che come spesso accade, paradossalmente, in situazioni come queste si creino nuove opportunità lavorative e professionali?

“Lo penso certamente. Lo choc della pandemia, oltre a farci ripensare il nostro modo di vivere e di condurre le nostre giornate, credo possa essere portatore di nuove energie e nuove possibilità. Il modus vivendi tenderà a mutare, specie negli ambienti produttivi. Una rivisitazione delle norme che afferiscono alla sicurezza nel mondo del lavoro (e non solo) porterà a ridisegnare un nuovo modello socio-lavorativo, con relative e necessarie nuove figure professionali. Oltre al fatto che si allargherà senz’altro la gamma dei servizi da fornire alle imprese; e questo, come puoi immaginare, molto probabilmente investirà anche il mio settore”.

Per concludere, Nino: cosa manca nel Decreto Rilancio (e comunque nella politica economica del Governo) perché sia davvero uno strumento utile alla ripresa economica milanese, lombarda e nazionale?

“Avere la possibilità di contrarre debito pubblico senza interpellare direttamente i mercati e indirizzare risorse in settori strategici e trainanti per l’economia del paese credo che sia un’opportunità unica quanto importante. Un nuovo Piano Marshall per tutto il Vecchio Continente, non solo per l’Italia e la Lombardia. E proprio in questi momenti, mentre noi stiamo chiacchierando, nei palazzi della politica si sta cercando di trovare il bandolo giusto per disegnare e avviare dei mega progetti. Spero che i nostri rappresentanti riescano a partorire una nuova concezione e una visione d’insieme di un Paese che ha veramente bisogno di intraprendere un nuovo cammino, illuminista e illuminato, non solo per quanto riguarda la rinascita economica. Sono ottimista di natura, ma il peso degli anni e la storia recente mi fanno pensare che molte cose rimarranno solo enunciazioni dettate spesso da incompetenza e dal tifo politico. Comunque, non dispero. Io farò la mia parte, come moltissimi altri italiani. E forse il segreto sta tutto qui: fare la parte che compete a ognuno di noi. Il problema nasce quando qualcuno è chiamato a recitare una parte che non è sua. Speriamo in bene”…

Ermanno Accardi (giornalista e scrittore)