Scritto e diretto da Marco Martinelli e ideato con Ermanna Montanari, Lettere a Bernini, prodotto da il Teatro delle Albe/Ravenna Teatro ed Emilia RomagnaTeatri e il cui testo è stato di recente pubblicato nella Collezione di Teatro Einaudi, è in scena al Teatro Elfo Puccini da ieri sera e fino a domenica prossima, 9 febbraio. Sullo sfondo di una Roma estremamente ricca di fermenti culturali, opulenta nell’affermazione del Barocco anche grazie al potere dei tre Papi – Urbano VIII, Innocenzo X e Alessandro VII – che nell’arco di quarant’anni hanno lasciato più di una testimonianza della loro presenza, quali opere d’arte dal punto di vista culturale e architettonico, commissionate proprio a imperitura memoria della presenza umana nella Città eterna, ha inizio una giornata di piena estate, il 2 agosto 1667. Ambientata nella bellissima e minuziosa scenografia di Edoardo Sanchi, che ricostruisce fedelmente la bottega di scultore, pittore e architetto di Gianlorenzo Bernini, anziano ma già massima autorità nel suo campo, illuminata qua e là da una luce, a firma Luca Pagiano, quella luce cui tutti gli artisti aspirano in vita, la vicenda racconta un giorno particolare nella vita del Bernini, ricordi, bilanci, speranze tutti mutuati dalle lettere che gli vengono consegnate via via e speditegli da Francesca Bresciani, da vari cardinali e dai suoi allievi. Ogni lettera è il pretesto per il napoletano Bernini, cui dà voce e corpo un efficace Marco Cacciola soprattutto nelle battute in vernacolo, per ricostruire momenti di vita, spiegare o giustificare comportamenti, quali lo scontro con il fratello Luigi per l’amata Costanza Bonarelli, il cui busto il Bernini custodirà sempre nella bottega, o per rievocare e finalmente portare a conclusione l’episodio riguardante una delle donne chiamate a lavorare ad maiorem gloria Dei, intarsiatrice di lapislazzuli, assunta dal Bernini con una gara d’appalto proprio grazie alla sua bravura nel lavorare le pietre dure. Mentre Bernini si sofferma in particolare sulla figura di Francesca Bresciani, che pretende per il lavoro svolto nella Fabbrica di San Pietro una paga superiore a quella percepita, affiora nella sua mente il suo antagonista e rivale Francesco Borromini, geniale architetto ticinese noto per le sue forme ardite, entrambi autori di strutture complesse sia architettoniche che ornamentali mai realizzate prima. Sulle finestre ritagliate nella parete di fondo vengono proiettate immagini video a cura di Filippo Ianiero e volti contemporanei di Enrico Fedrigoli, a testimoniare che in fondo invidia e gelosia sono sempre albergate nell’animo umano. E lo afferma proprio il Bernini che a volte vorrebbe distruggere le sue opere e tenerne tra le mani soltanto la polvere. Quanto ai suoi allievi, in un dialogo immaginario Bernini si rivolge a loro discutendo. Qui traspare a poco a poco l’aspetto artistico del Bernini scultore, commediografo e regista. Non solo li mette in posa ma li fa anche recitare nelle commedie da lui scritte e dirette perché entrino in un contatto fisico, mentale e psicologico con gli “affetti”, ovvero i sentimenti che dovranno infondere nel marmo. E in futuro si sforzerà di insegnar loro quanto possibile, lui che nella vita ne ha viste tante al punto da assistere anche alla morte di ben cinque Papi. All’improvviso, nella bottega irrompe la notizia inattesa del suicidio di Borromini contenuta nell’ultima lettera che gli viene recapitata. Qui alla rabbia si sostituisce la pietas. Bernini ha ben presente la grande depressione che aveva colpito l’artista rivale negli ultimi anni della sua vita e comincia a porsi delle domande sulla guerra che tutti gli artisti si fanno, tutti contro tutti, e sulla sua necessità. Ricordiamo il film di Giovanni Troilo Borromini e Bernini. Sfida alla perfezione? E una domanda, la più importante. Bernini si chiede chi è in grado di capire la grandezza di un artista. Solo un altro artista, un suo rivale o un suo avversario, in ogni caso un suo simile. Nello svolgimento del racconto le voci di Bernini e di Borromini si sovrappongono fino a creare sulla scena, attraverso la scultura evocata, figure e nuove presenze. Sarà forse questa notizia, che immerge Bernini in momenti di forte tensione vissuti con il rivale, a farlo decidere per una paga equa a Francesca Bresciani? Il Seicento in questa narrazione si riallaccia all’oggi, un oggi sempre più inquietante, mentre il pubblico accoglie con calorosi applausi sul palco Marco Martinelli accanto al suo interprete.
Elisabetta Dente