I luoghi di Milano nei Promessi Sposi dal XVII secolo ad oggi (terza puntata)

E se fosse Milano la vera protagonista de “I promessi sposi”? Come anticipato nella precedente puntata, analizzeremo e metteremo a confronto la Milano manzoniana del romanzo, i luoghi della città presenti tra le pagine dell’opera, con la Milano e i medesimi luoghi dei giorni nostri. Quali sono? Dove? Come si presentano oggi? In questa puntata parleremo delle Strade, com’erano nella Milano seicentesca, in quella del romanzo e come si presentano oggi.

CORSO DI PORTA ORIENTALE

“Quando Renzo entrò per quella porta, la via al di fuori andava diritta per tutta la lunghezza del Lazzaretto, che per quel tratto non poteva far di meno; poi scorreva, sghemba e stretta fra due siepi. La porta consisteva in due pilastri con sopra una tettoia per riparare le imposte, e dall’un lato una casupola pei gabellieri. Le imboccature dei bastioni scendevano in pendìo irregolare, e lo spazzo era una superficie aspra e ineguale di rottami e di cocci gittati a caso. La via del borgo che si apriva dinanzi a chi entrava per quella porta, non si assomiglierebbe male a quella che ora s’affaccia a chi entri per la porta Tosa. Un fossatello le scorreva nel mezzo fino a pochi passi dalla porta, e la partiva così in due stradette tortuose, coperte di polvere o di fanghiglia, secondo la stagione.”

Renzo a Porta Orientale

Il corso di porta Orientale corrisponde all’attuale corso Venezia. Dove un tempo vi si trovavano i “due pilastri, con sopra una tettoia”, oggi sono presenti i bastioni di porta Venezia, realizzati a scopo ornamentale nel 1828 dall’architetto bresciano Rodolfo Vantini. Nell’immagine è raffigurato Renzo presso la colonna di San Dionigi, appena superata porta Orientale. Come si può notare, il corso era attraversato da un fossatello che lo divideva in due piccole strade strette, proprio come descritto dal Manzoni nel capitolo XI. Corso Venezia, detta un tempo corso e borgo di porta Orientale, nel 1865 assunse l’attuale denominazione in omaggio alla “regina della laguna” e come auspicio alla liberazione dal dominio austriaco. Dove vi era il fossatello, oggi c’è l’asfalto; le due strade strette e tortuose sono un unico stradone; della colonna di San Dionigi è rimasta solamente una piccola insegna, appesa al muro di un palazzo. Col passare degli anni, soprattutto durante il Novecento, la zona di porta Orientale è stata largamente assorbita dallo sviluppo urbano della metropoli, diventando una delle più importanti e trafficate vie della città.

VIA BORGHETTO

La via prende il nome da un antico Borghetto, o frazione, detto “di porta Orientale”, costituito da un agglomerato di piccole case fuori dalle mura della città medievale. All’altezza di questa strada si trovava la colonna di San Dionigi, vicino alla quale sorgeva l’omonima abbazia.

Via Borghetto nel 1630 circa

La piccola via Borghetto esiste ancora oggi e collega viale Maino con corso di Porta Venezia, all’altezza dei Giardini Pubblici. Fare un confronto risulta difficile, in quanto Manzoni non ci offre una descrizione dettagliata del luogo; la nomina soltanto, forse per dare un punto di riferimento al lettore.

CORSIA DE’ SERVI

“Nella strada chiamata la Corsia de’ Servi, c’era, e c’è tuttavia un forno, che conserva lo stesso nome; nome che in toscano viene a dire il forno delle grucce…”
Renzo: “… e andò dietro a uno che, fatto un fascio d’asse spezzate e di schegge, se lo mise in ispalla, avviandosi, come gli altri, per la strada che costeggia il fianco settentrionale del duomo…”

La Corsia de’ Servi era la strada che collegava il crocicchio del Leone di porta Orientale con piazza del Duomo. Era chiamata così per la presenza di un convento e di una chiesa di padri Serviti (Servi di Maria), ancora esistenti agli inizi dell’800. Il famoso forno delle grucce su trovava in corrispondenza di questa strada, a pochi passi dal Duomo. Il Manzoni chiamava il forno delle grucce El prestin de scansc. Il forno venne restaurato nel 1870 e chiuso definitivamente nel 1919.

Corsia de’ Servi in un dipinto di Canella

Quella che un tempo era chiamata Corsia de’ Servi, corrisponde all’attuale corso di Vittorio Emanuele II, in onore del primo re d’Italia. La trasformazione più evidente che ha caratterizzato questa via è relativa alla fruibilità: fino a pochi decenni fa, corso Vittorio Emanuele prevedeva il transito di carrozze e, in seguito, anche di tram che proseguivano il loro percorso fino a piazza Duomo. Oggi, invece, il corso è riservato al transito pedonale. Quasi in prossimità del luogo in cui si trovava il forno delle grucce, vi è ora la Rinascente, grande e prestigioso negozio di alta moda.

STRADA DEL DAZIO DI PORTA NUOVA

Renzo – “… prese la diritta, alla ventura, andando, senza saperlo, verso porta Nuova, della quale, quantunque vicina, non poteva accorgersi, a cagione d’un baluardo, dietro cui era allora nascosta…”
passato il canto del baluardo, vide per la prima cosa, un casotto di legno, e sull’uscio, una guardia appoggiata al moschetto, con una cert’aria stracca e trascurata: dietro c’era uno stecconato, e dietro quello, la porta, cioè due alacce di muro, con una tettoia sopra, per riparare i battenti; i quali erano spalancati, come pure il cancello dello stecconato…
… La strada che Renzo aveva presa, andava allora, come adesso, diritta fino al canale detto il Naviglio: i lati erano siepi o muri d’orti, chiese e conventi, e poche case.

Renzo vede il casotto di legno

Nel diciassettesimo secolo porta Nuova si trovava a ridosso delle mura della città, a qualche centinaio di metri da porta Orientale. Dalla descrizione che ci offre il Manzoni, si suppone che questa zona della città fosse alquanto trascurata e mal tenuta. La strada che portava fino al Naviglio era detta strada del dazio di porta Nuova; il canale Naviglio fu poi coperto e il nome rimasto è quello di corso di Porta Nuova. Ai tempi di Renzo la porta si presentava in pessime condizioni; oggi non si può dire altrettanto: come le altre porte della città, rappresenta un patrimonio monumentale e storico e, come tale, si è cercato di valorizzarlo. Porta Nuova è stata rifatta nel 1810: l’area che si presenta oggi è priva di ostacoli e terrapieni, la porta è ben visibile, sorge al centro di piazzale principessa Clotilde e non presenta alacce o battenti instabili. La strada che prosegue dietro la porta è il corso di porta Nuova, che corrisponde all’antica strada del dazio di porta Nuova. Il Naviglio, le siepi e i muri hanno lasciato spazio a negozi, palazzi, bar e uffici.

STRADONE DI SANTA TERESA

“In cima a questa strada, e nel mezzo di quella che costeggia il canale, c’era una colonna, con una croce detta la croce di sant’Eusebio. E per quanto Renzo guardasse innanzi, non vedeva altro che quella croce. Arrivato al crocicchio che divide la strada circa alla metà, e guardando dalle due parti, vide a dritta, in quella strada che si chiama lo stradone di santa Teresa, un cittadino che veniva appunto verso di lui.”

L’attuale via Moscova era una strada che scorreva tra casupole e ortaglie e si divideva in due tronchi: il primo detto Stradone di Sant’Angelo, dall’omonima chiesa; il secondo di Santa Teresa; il terzo, infine, Strada di Porta Tenaglia. Nel 1813 il viceré Eugenio Beauharnais fece iniziare i lavori di ampliamento e di modifica di queste tre strade riunendole in un solo e imponente tracciato che prese il nome di Via della Moscova., chiamata così per ricordare la grande battaglia che si svolse proprio lungo le sue rive tra i russi e i francesi.

STRADA DI SAN MARCO

“Arrivato al ponte, voltò, senza esitare, a sinistra, nella strada di san Marco, parendogli, a ragione, che dovesse condurre verso l’interno della città. E andando avanti, guardava in qua e in là, per veder se poteva scoprire qualche creatura umana; ma non ne vide altra che uno sformato cadavere nel piccol fosso che corre tra quelle poche case (che allora erano anche meno), e un pezzo della strada. Passato quel pezzo, sentì gridare: “o quell’uomo!” e guardando da quella parte, vide poco lontano, a un terrazzino d’una casuccia isolata, una povera donna, con una nidiata di bambini intorno…”

Renzo aiuta una donna a San Marco

Il Manzoni nomina la strada di San Marco con il nome che essa aveva ai suoi tempi e che conserva tuttora; ma nelle mappe del primo ottocento figurava come contrada del ponte nuovo. Nel seicento, il ponte si trovava all’incrocio tra lo Stradone di Santa Teresa e la strada di San Marco. La strada era attraversata da un piccolo fosso il quale, probabilmente, giungeva sino a piazza San Marco. Fino al 1930 gran parte della via era occupata dal naviglio e dalla Darsena, detta Tombòn de San March, perché qui sorgeva il cimitero soppresso da Francesco Sforza nel 1469 per l’ampliamento del naviglio.

Oggi in via San Marco al posto dei fossati vi si trovano larghi marciapiedi; il ponte non c’è più. Renzo, in sostanza, arrivò all’attuale incrocio tra via della Moscova e via San Marco, voltò a sinistra e proseguì per qualche centinaio di metri, incontrò la donna alla quale restituì il pane, poi passò all’altezza dell’attuale liceo Parini e giunse in piazza San Marco.

Alberto Fumagalli (scrittore milanese)