Gregory Fusaro (Edizioni Underground?): “L’editoria milanese sta bene, ma come movimento culturale di massa siamo indietro. Bisogna dare più importanza al merito, rispetto alle possibilità economiche”

Mi ha rivelato di essere nato poche ore dopo la morte del grande cantautore Rino Gaetano, il 2 giugno del 1981. E francamente non sappiamo, entrambi, come interpretare questo avvenimento, se leggerlo come una banale coincidenza o viverlo come un segno premonitore di qualcosa che non ci è dato sapere. Comunque sia, Gregory Fusaro, quarantadue anni, nato ad Acri e cresciuto a Bisignano, nel Cosentino, uomo di comunicazione (il suo bel curriculum professionale è pubblico), è qui tra noi, nella nostra città, dove si è stabilito circa vent’anni fa e dove nel 2018 ha fondato, insieme a Maurizio Mozzoni, la casa editrice indipendente Edizioni Underground?. Ma perché il punto di domanda? “Perché sono fermamente convinto che occorra sempre mettersi in discussione, in ogni ambito”, esordisce Fusaro. “E forse, nel cosiddetto “mondo indipendente” è ancora più importante, oserei dire vitale. Poi è anche un modo per prendersi meno sul serio, dato che nella vita ci sono sempre cose più importanti. Insomma, io, tu, noi, voi, siamo davvero Underground?”.

Non lo so, mio caro. E se è per questo, non conosco nemmeno lo stato di salute dell’editoria milanese. Non è completamente vero, ma lo chiedo a Te…

“Non è semplice rispondere a questa domanda. Probabilmente dal punto di vista economico sta bene, forse benissimo, ma come movimento culturale, di massa, siamo indietro anni luce dal raggiungere un risultato utile per la collettività. Ci sono tanti bei cortili ben curati, che però non comunicano tra di loro. Insomma, non si condivide abbastanza con l’esterno. Salvo rare eccezioni, non si ha impatto sull’opinione pubblica. Per cui direi che al momento il risultato è abbastanza deludente”.

Quanto ha inciso (in positivo e in negativo) sullo specifico settore lo sviluppo della Rete e dei Social Network?

“Incide positivamente per quel che riguarda la diffusione di un progetto, di un prodotto, di una singola idea. Oggi è sicuramente più semplice comunicare e arrivare a un pubblico ampio. Il problema è che lo facciamo in milioni per milioni di utenti, per cui è più difficile farsi notare. Non basta avere una bella proposta, bisogna anche presentarla in maniera efficace. Ma in fondo era così anche prima, senza Internet. La comunicazione resterà sempre legata all’estro e all’ingegno. A sua volta si può considerare una fase creativa. Quindi, i social incidono bene o male in base a come vengono utilizzati. Di negativo, secondo me, c’è la nuova abitudine alle letture veloci. E dalle eiaculazioni precoci, generalmente, non esce mai nulla di buono”…

Torniamo a parlare di Edizioni Undreground?, che ha al suo attivo, se non ricordo male, una cinquantina di pubblicazioni…

“Ricordi benissimo. Nasce dall’esperienza di un progetto di distribuzioni alternative avviato qui nel 2015, grazie alla collaborazione con l’associazione culturale Helianthus e al supporto della Marketing & Consulting di Gianfranco Cimbalo. Lo scopo è di dare visibilità alle opere di autori indipendenti e promuovere iniziative utili per lo sviluppo e la crescita culturale del territorio. Nonostante il difficile periodo della pandemia, proprio nel biennio 2020/2022 ha fatto registrare più di un centinaio di presentazioni dal vivo, tra cui la maratona di lettura del diario ROCK DOWN (l’unica copia stampata del libro è stata poi venduta tramite asta, iniziativa unica nel suo genere) di Michele Monina al Teatro Elfo Puccini, con un reading di 72 ore consecutive. Con il Collettivo Underground? ci impegniamo a creare valide alternative a un sistema distributivo artistico diventato macchinoso e spesso inaccessibile agli artisti stessi. Alla base della nostra impresa, che prima di esplorare possibilità commerciali è partita con lo spirito di una ricerca di cambiamento e di costruzione di reti, c’è l’assunto che l’unica rivoluzione possibile sia di tipo culturale. Non si può più pensare, in questo presente, che la cultura possa guardare a sé stessa senza porsi come veicolo di cambiamento sociale. Naturalmente è un progetto editoriale classico, contrario a ogni forma di editoria a pagamento”…

Una suggestiva immagine di Gregory Fusaro, 42 anni, calabrese, titolare delle Edizioni Underground?

Parliamo della nostra città un po’ più in generale, adesso. Dall’Expo in poi (pandemia a parte) è oggettivamente cambiata: è migliorata ulteriormente l’offerta culturale ed è letteralmente esplosa quella turistica. Per contro, secondo me, è peggiorato il tessuto sociale: complice anche la crisi economica che continua a mordere risulta schiacciato verso il basso. Che ne pensi?

“Milano è (e resterà a lungo) il cuore pulsante del nostro Paese. Dal punto di vista culturale offre tutto, se sei uno spettatore attento e curioso. Offre tanto anche a chi, come noi, cerca di ritagliarsi uno spazio, a creare un proprio “cortile”, come accennavo prima. Bisogna solo stare attenti a giocarsi bene le opportunità, perché se ti bruci a Milano… Io mi trovo bene, dopo tutto questo tempo la considero ormai la mia città e mi offre quotidianamente tanti spunti per evolvermi, come uomo innanzitutto. Poi, di conseguenza, viene tutto il resto. Ne converrai che dire “faccio l’editore a Milano” suona bene. O no?

Dillo a me… È opinione diffusa che Milano sia la città italiana ideale, oggi, per gli studenti e per i trentenni e i quarantenni in generale, anche per il suo respiro internazionale. Qual è la Tua opinione?

“Sono abbastanza d’accordo, anche se non c’è il mare… Scherzi a parte, il problema è che oggi questa città è diventata inaccessibile economicamente e non è giusto. Quando sono arrivato qui la prima volta avevo 600 euro in tasca: oggi, probabilmente, resisterei al massimo venti giorni. Serve tornare umani e dare la possibilità al merito delle persone, non al conto in banca”.

A proposito, prima di chiudere: che opinione hai del fenomeno dell’immigrazione a Milano? E di come viene gestita? Esiste il problema della sicurezza cittadina, nei termini in cui viene rappresentato tutti i giorni dai mezzi d’informazione?

“In una metropoli la sicurezza è sempre un tema caldo e ambiguo. L’errore è pensare che sia sempre colpa di un gruppo specifico di migranti: un tempo erano i calabresi, poi i napoletani, adesso gli stranieri. Il punto è che quando in una città scarseggia la sicurezza le colpe sono di chi non è in grado di garantire lavoro e dignità a tutti. In alcune periferie il problema è sotto gli occhi di tutti, però purtroppo ormai gli episodi di violenza si verificano con sempre maggiore frequenza anche in Centro. Non è con uno Stato di Polizia che risolvi certi problemi (anzi, in alcuni casi addirittura li alimenti), ma con una sana politica di integrazione”.

Ermanno Accardi (giornalista e scrittore)