Emergenza Coronavirus: la vita da reclusi delle coppie milanesi

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Si fa fatica ad addormentarsi e al mattino ci si alza più tardi. Tanto la sveglia non suona. Il primo pensiero ha sempre la stessa venatura di incredulità, e prende forma reale con una certa ritrosia. Perché il divario tra prima e dopo è stridente. Il dopo è questo tempo sospeso continuamente reiterato, come una vaga promessa fatta a un bambino. Finirà, tornerà tutto come prima. La nostra vita precedente l’abbiamo data un po’ troppo per scontata, e ora questa frenata improvvisa suona come una punizione. Il nostro spazio vitale ha subito un restringimento maggiore o minore a seconda delle nostre abitudini, quelli poco socievoli patiscono meno di chi considerava la propria abitazione alla stregua di un accogliente dormitorio, proiettato com’era nella dimensione relazionale e nel cambio di orizzonti. Per non parlare di chi si regalava periodicamente un viaggio alla ricerca costante di un altrove da alternare alla quotidianità. Forse per loro la reclusione forzata può diventare un pretesto per recuperare e riconsiderare esperienze freneticamente accumulate, come quando si sfoglia un vecchio album di foto e vengono all’occhio dettagli mai notati. E poi coi sono i rapporti con l’altro sesso. Coppie che stanno trascorrendo queste settimane sotto lo stesso tetto, con i pro e i contro di una convivenza così rigidamente circoscritta, e altre che, per le ragioni più varie, si sono ritrovate lontane, separate. E’ evidente che questa sconvolgente esperienza non lascerà inalterati né noi né i nostri rapporti. Dalle storie di convivenza e dal confronto fra approcci maschili e femminili viene fuori un ricco materiale letterario.

Uno scorcio dei Navigli milanesi deserti

Coppie rodate che si trovano a vivere in spazi minuscoli, magari con figli e animali e non ci stanno dentro, non solo fisicamente. Coppie da weekend formate da individui indipendenti che di colpo devono condividere tutto, e si resettano a fatica. Coppie sull’orlo di una crisi di nervi già da prima, coppie con grandi case e vite per lo più separate che replicano le stesse modalità anche in tempo di virus, coppie amorevoli e inclini al romanticismo che vivono la clausura come un eccentrico viaggio di nozze. Coppie creative e vagamente intellettuali, che approfittano del dono del tempo per progettare, immaginare, diffondere narrazioni infischiandosene dei guadagni mancati, confidando nella capacità di reinventarsi e di cambiare pelle insieme. Coppie che si ammalano e guariscono all’unisono condividendo angoscia, timore e speranza e affidandosi l’uno all’altra. Aver superato quei momenti lascia in eredità un legame rafforzato e una prospettiva più ampia sul futuro. Coppie prudenti che per tutelare la salute di uno dei due, decidono di vivere separati, ciascuno nella propria casa, a distanza di sicurezza. Si concedono brevi incontri filtrati dalle mascherine, si parlano continuamente in videochat e si lasciano piccoli regali nelle rispettive caselle della posta. Come trasformare una necessaria accortezza in un romantico corteggiamento, con l’attesa di toccarsi di nuovo e l’acceleratore pigiato sull’immaginazione. Coppie separate dal senso del dovere, da una parte medici rientrati dalla pensione in risposta all’appello del governo, dall’altra donne sensibili e intraprendenti che si danno da fare in attesa di rivedere i compagni. Ad esempio, donando la propria bella voce per dare sollievo a chi langue in casa, registrando audio letterari rigeneranti. Nelle convivenze la cucina diventa il luogo dell’incontro e della condivisione, si fanno pane e pizza insieme, si cercano nuove ricette, le si scambiano con gli amici in modalità virtuale. Emergono nette le differenze di genere, quelle che ci portiamo dietro dalla notte dei tempi: le donne, anche le più frenetiche, dall’agenda grondante impegni tutto l’anno, accettano con ragionevolezza la reclusione giustificata dal bene comune, si riprogrammano la vita negli spazi ristretti della casa trovando mille attività casalinghe e culturali, gli uomini scalpitano, si ribellano, trovano pretesti per uscire. Ecco uomini che usano il contapassi anche dentro l’appartamento, calcolando i piccoli spostamenti esterni e sommandoli alle passeggiate sul terrazzo, altri che si creano un avatar libero di uscire e di discutere con altri replicanti virtuali. Le differenze di genere (lo dico io che ho sempre rimandato al mittente i luoghi comuni) saltano fuori in cattività. E’ più femminile sentire il peso delle responsabilità, e quindi sentirsi individualmente coinvolti nella lotta alla diffusione del virus attraverso piccoli gesti, che proteggono prima di tutto i nostri cari. L’altra metà del cielo è più propensa a sentirsi immune e a ridicolizzare le eccessive precauzioni. Solo il tempo deciderà dove stava la razionalità e dove l’eccesso di emotività. Fatto sta che molte donne disinfettano la spesa sotto lo sguardo ironico, o addirittura irato del compagno. Ma alla resa dei conti chi si spaventa di più sono i loro compagni, che di fronte a poche linee di febbre già si immaginano attaccati a un respiratore, in balia di indifferenti se non sadici operatori sanitari.

Tavole imbandite nelle case delle coppie milanesi durante la reclusione

Infine, ci sono le coppie che vorrebbero formarsi ma non ci riescono, almeno non in maniera ufficiale, davanti alla legge o a Dio. Le cerimonie sono vietate, gli assembramenti di ospiti festanti pericolosissimi (e anche fuori luogo). Non c’è che rimandare. Ma si sa che i divieti e l’attesa accrescono il desiderio, gli sposini promessi, se non hanno messo in campo preparativi troppo onerosi, si sentono dentro un avvincente narrazione manzoniana, peste compresa, con un augurabile lieto fine.

E in concreto:

Sara e Davide
“Sara ha ripreso a cucinare e mi prepara dei pranzetti memorabili. Il resto del tempo ognuno segue i propri itinerari, leggiamo, scriviamo, registriamo podcast per la radio di quartiere… stare in casa laboriosamente mettendo giù idee e sviluppandole ci piace. Anche se prima di questo sconquasso, durante la giornata siamo sempre in giro, ciascuno in posti diversi”.

Vittoria e Mario
“Abbiamo interessi differenti, lui usa internet e legge libri di storia, io ho rispolverato la macchina da cucire, dipingo lenzuola e la mattina mi immergo in un romanzo. Nei momenti comuni parliamo tanto, e lui è diventato il mio massaggiatore di fiducia, in mancanza del professionista da cui andavo di solito”.

Roberta, Tomas e Alberto (due anni)
“Noi passiamo il tempo a rincorrere quel diavoletto di nostro figlio e poi ci schiantiamo distrutti sul divano”…

Giulia, Massimiliano e Sveva (12 anni)
<Durante la settimana Smartworking sia io che mio marito, nel weekend se mi gira gli faccio rinfrescare le pareti. Ma la nostra attività preferita è fare biscotti e crepes: io e mia figlia li sforniamo, Massimiliano li mangia”…

Carolina e Virgilio
“L’altro giorno facevo Zumba in casa e mio marito mi guardava: gli ho detto che la prossima volta dovrà pagare il biglietto”…

Gianni e Cinzia
“Si sta rintanati aspettando tempi migliori, siamo ottimisti di natura, intanto accudiamo i nostri genitori anziani e ci coccoliamo cucinando”.

Sergio e Roberta

Roberta e Sergio
Lui: “Mi piace guardarti mentre scrivi e sentire che parli al telefono coi tuoi innumerevoli amici”.
Lei “Verso sera mi piace pensare che dormiremo insieme, mi piace organizzare videochat con gli amici, miei o tuoi, e ancora meglio miei e tuoi mescolati. E poi salvare piante, inventare nuovi piatti in cucina, scoprire fonti di bellezza, fare ginnastica insieme”…

Valeria, Silvia e la gatta Rosita
“Io e mamma Valeria conviviamo dall’inizio della quarantena, io lavoro on line insegnando inglese. Abbiamo creato delle piacevoli abitudini che ci gratificano molto: la lettura ad alta voce di un classico ogni pomeriggio, la merenda con un frutto, Montalbano quando c’è. E poi mi piace scherzare con lei e farla ridere… il tutto con sempre nei paraggi la gatta bionda Rosita”.

Roberta Folatti

(Nell’immagine di copertina: Gianni e Cinzia)