Angelo Turco: “Milano è una città universitaria. Qui studiano 200mila giovani, attratti dall’offerta formativa, ma anche dalle opportunità di lavoro spesso precluse ai ragazzi che vivono in altre parti del Paese”.

E’ il più giovane consigliere comunale di Milano e se anche la gioventù, come dice lui, non è una nota di merito, il dato spicca comunque, in un Paese gerontocratico come il nostro. Angelo Turco, 31 anni, milanese, una Laurea in Scienze Storiche e diverse esperienze professionali e formative maturate in ambito politico, è presidente della Commissione Cultura di Palazzo Marino. La sua capacità di comunicare in modo chiaro e preciso e la sua cordialità, quasi studentesca, lo rendono un interlocutore ideale per parlare di Milano senza dover decifrare e tradurre il “politichese”, un linguaggio ancora molto in voga tra la classe dirigente locale e nazionale.

Angelo, come hai visto e vissuto la città prima, da semplice cittadino, e come la vedi e la vivi oggi, da esponente politico locale?

“Milano è una città che offre moltissime opportunità ai giovani ed è a tutti gli effetti una città universitaria, anche se questa consapevolezza è maturata solo negli ultimi anni. Basti pensare che qui studiano oltre 200mila ragazzi, un numero impressionante. L’attrattività di Milano, da questo punto di vista, si sostanzia non solo nella qualità dell’offerta formativa, ma soprattutto nell’idea ormai radicata che a Milano si possano sviluppare in seguito percorsi lavorativi e professionali purtroppo a volte preclusi ai ragazzi che vivono in altre parti del Paese. Inoltre, il diritto allo studio non è sempre garantito: le risorse regionali investite in questo ambito sono molto scarse, le “case dello studente” sono poche e il caro-affitti costringe le famiglie a sforzi enormi per consentire ai figli di vivere e studiare a Milano. Su questo, sicuramente le Istituzioni devono mettere in campo proposte più radicali”.

Angelo Turco nell’aula dei rappresentanti degli studenti dell’Università Statale.

Palazzo Marino è sicuramente un osservatorio privilegiato sulla città. Ma è davvero privilegiato, questo osservatorio, nella sostanza? Qual è, a tuo avviso, il livello attuale della politica e della comunicazione pubblica milanese? E quali contributi ha portato, secondo te (se lo ha portato) lo sviluppo dei social network?

“Non penso di fare una grande rivelazione dicendo che il ruolo del Consiglio Comunale si è decisamente svuotato nel corso del tempo. I consiglieri, a partire dalla riforma del 1993, hanno progressivamente perso autonomia e centralità nello sviluppo dell’azione amministrativa, mentre alcuni aspetti del nostro lavoro si sono trasformati. Nonostante questo, il lavoro e l’impegno sono notevoli. Palazzo Marino è l’Istituzione più vicina ai cittadini (insieme ai Municipi), quella alla quale si rivolgono le principali aspettative e richieste dell’opinione pubblica milanese, a volte travalicando le effettive responsabilità e i poteri del Sindaco, della Giunta e del Consiglio. Però un buon sindaco e i consiglieri hanno il dovere di rispondere a queste esigenze anche quando non rientrano strettamente nel loro ambito di competenza e di mantenere un dialogo costante con la città. I social network hanno contribuito ad abbattere le barriere tra il cittadino e i suoi rappresentanti politici, però a volte questa permeabilità genera incomprensioni. Faccio un esempio pratico: se con Facebook un cittadino si mette in contatto con me per avere informazioni o dialogare e sottopormi dei temi e delle questioni mi fa solo piacere. Tuttavia, i canali per avere risposte dall’amministrazione è bene che rimangano quelli formali, per un motivo di trasparenza e correttezza: “taggare” un consigliere in una discussione dentro ad un gruppo di quartiere non equivale ad una segnalazione formale”.

Dall’Expo in poi Milano è cambiata: è migliorata ulteriormente l’offerta culturale ed è letteralmente esplosa quella turistica. Per contro, secondo me è peggiorato il tessuto sociale: complice anche la crisi economica che continua a mordere risulta schiacciato verso il basso. Qual è la tua opinione?

“La domanda è interessante. Expo ha rappresentato effettivamente una svolta per Milano, che dal 2015 ha avuto una crescita esponenziale del settore turistico (i dati sono impressionanti). La città è sempre più attrattiva, gli investimenti hanno visto un vero e proprio boom e il PIL cresce al doppio della media nazionale. Questi sono aspetti positivi di cui essere orgogliosi, ma raccontano solo una parte della città. L’aumento del turismo, ad esempio, spinge il mercato immobiliare, premendo soprattutto su quello degli affitti. Questo è un tema da tenere rigidamente sotto controllo, come stanno facendo le altre grandi città europee, a partire da Barcellona e Berlino, dove l’esplosione degli affitti brevi su piattaforme in “sharing” sta causando uno stravolgimento del tessuto sociale urbano. Più in generale, penso comunque che gli investimenti sul recupero delle periferie e la rigenerazione urbana dei quartieri non siano in contrapposizione con la crescita degli investimenti sulla città, anzi. Però deve essere chiaro l’intento redistributivo nell’azione amministrativa. Le Olimpiadi Invernali del 2026 saranno anche l’occasione per rilanciare delle aree non centrali della città”.

Milano ha sempre avuto un respiro più ampio dei suoi confini. Tutto quello che la riguarda interessa sia a livello nazionale che internazionale. Pensi che sia in grado, anche oggi, di interpretare questo ruolo? Oppure è stata “colonizzata”, nel senso che questo interesse esterno ha prodotto investimenti economici e finanziari che hanno portato imprenditori, finanzieri e banchieri ad impadronirsene?

“Milano ha da sempre una vocazione internazionale, è parte della sua identità. Credo sia l’unica città italiana in grado di proporsi come una metropoli compiutamente cosmopolita. Anche il suo sviluppo urbanistico è sempre stato caratterizzato da una certa ricerca del gusto architettonico internazionale (da Vienna a Parigi, fino ai moderni grattacieli). L’importante, credo, è che vi sia una solida regia pubblica quando i grandi investimenti economici e finanziari intendono atterrare sul suolo milanese per svilupparlo”.

Angelo Turco durante un intervento al Consiglio Comunale

Il 2020, a Milano, sarà “L’Anno della Donna”. Ritieni Milano una città, appunto, a misura di donna? Ambiti come la cultura, la sicurezza e il lavoro privilegiano la condizione femminile?

“Proprio in questi giorni ha aperto un nuovo “Centro Donna”, uno spazio di accoglienza e ascolto, appunto, per le donne in difficoltà. L’obiettivo è averne uno in ogni Municipio. Credo sia un segnale di attenzione concreto e tangibile in un tempo, non solo per Milano, molto difficile, perché la violenza sulle donne è un’emergenza gravissima. Inoltre, come ricordavi nella domanda, Milano dedicherà alla creatività femminile un ricco palinsesto di eventi culturali per tutto il 2020. Si darà spazio a storie esemplari di artiste che hanno superato convenzioni e barriere sociali, donne che in ogni campo dell’espressione hanno fatto sentire la propria voce anche in tempi in cui era quasi impossibile. Penso che questo sarà da stimolo, come è stato per il Cinquecentesimo di Leonardo, a tutte le Istituzioni milanesi, anche in ambito privato, per una grande riflessione sul valore delle donne nella nostra società”.

Che opinione hai del fenomeno dell’immigrazione a Milano? E delle politiche riguardanti le periferie? In una di queste tu ci vivi…

Sull’immigrazione potremmo parlare per ore. Mi limito a scindere il piano dell’accoglienza emergenziale (sul quale Milano ha dato lezioni, lo dico senza esagerare, anche nella totale assenza di politiche nazionali) dal piano dell’integrazione. Le migrazioni sono un fenomeno tipico della storia umana, il punto è come gestirle. Milano, da sempre, è una città accogliente e ha trovato nel lavoro lo strumento con il quale integrare nella sua società i nuovi milanesi. Il tema delle periferie, nelle quali spesso si concentrano i cittadini di origine straniera, va affrontato nei termini della qualità dell’offerta abitativa. Purtroppo, anche nella zona dove abito io, tra viale Monza e via Padova, si concentra un fenomeno grave, il subaffitto selvaggio (da parte di proprietari solitamente italiani) degli appartamenti, che comporta situazioni di sovraffollamento, precarietà igienica, debiti condominiali alle stelle, raccolta dei rifiuti che non funziona più. Questi fenomeni, da contrastare duramente, sono a volte all’origine dell’odio per gli stranieri, che tuttavia in queste circostanze sono le vittime di un sistema di sfruttamento. Il rispetto delle regole, da tutte le parti, è la chiave di una convivenza positiva, dalla quale può nascere uno scambio culturale stimolante e una crescita complessiva della nostra società”.

Per concludere, Angelo: Come vedi il futuro di questa città, in relazione anche all’attuale situazione italiana e internazionale?

L’Italia è in grave difficoltà. Personalmente sono convinto che la crescita di Milano farà molta fatica a continuare sui ritmi degli ultimi anni se il resto del Paese non saprà ritrovare una strada per lo sviluppo. Purtroppo, sembra a volte mancare una visione strategica, una chiara idea delle prospettive industriali ed economiche del Paese. Il Governo si muove su un piano di emergenza, schiacciato dagli interessi sul debito che soffocano qualsiasi prospettiva di investimento e la necessità di reperire risorse per la gestione delle crisi, a partire da quelle idrogeologiche. L’unica speranza è un rinnovato slancio europeo, un piano continentale di sviluppo sostenibile che possa ridare fiato anche alla nostra economia. E Milano, certamente, farà la sua parte come sempre”.

Ermanno Accardi (giornalista e scrittore)