Andrea Sterpa: “Da pediatra posso dire che per fortuna i bambini se la cavano bene. Questa fase dell’emergenza sanitaria, però, deve essere gestita con molta cautela perché un nuovo lockdown metterebbe in crisi tutti”.

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Ha maturato un’esperienza davvero significativa nell’ambito medico-pediatrico, lavorando sodo e con successo in diverse strutture lombarde, soprattutto a Milano e in Brianza. E ha visto quei bambini crescere fino a diventare adulti. Chi come il Dottor Andrea Sterpa ha avuto e ha ancora a che fare con i pazienti più piccoli ha acquisito una visione ad ampio spettro anagrafico per poter analizzare compiutamente e con l’esperienza umana vissuta la situazione sanitaria che stiamo ancora vivendo. Romano trapiantato in Lombardia, 69 anni, padre e nonno felice, Sterpa ha pubblicato numerosi lavori scientifici su riviste nazionali ed estere e partecipato a diversi congressi italiani e internazionali in qualità di moderatore e relatore. La nostra breve chiacchierata è avvenuta quasi casualmente al Poliambulatorio dell’Associazione Lombarda Giornalisti. “Milano e la Lombardia hanno un respiro internazionale e sono al centro di scambi economici, sociali e culturali a livello mondiale. E’ naturale che siano ancora al centro della pandemia”, esordisce il sanitario romano, anticipando la prima domanda che avevo intenzioni di fargli. “Da pediatra posso dire che per fortuna i bambini se la cavano molto bene”.

Secondo Lei è stato fatto finora tutto quello che era possibile e doveroso fare? E sul fronte della corretta informazione sono stati commessi molti errori?

“Una seconda ondata era inevitabile, ma le contromisure prese sembrerebbero funzionare. Questa fase deve essere gestita con molta cautela perché non si può prescindere dal fatto che un nuovo lockdown metterebbe in crisi tutti. Riguardo all’informazione, posso riferirmi a quella scientifica; e mi viene da dire che purtroppo (e come sempre) ogni medico, ogni esperto ha una sua opinione, specialmente adesso, che si parla di una malattia che non si conosce, ma che stiamo comunque imparando a gestire”.

 

Andrea Sterpa, 69 anni, romano trapiantato a Milano, è un pediatra di grande esperienza e molto apprezzato in tutte le strutture sanitarie lombarde in cui ha prestato la sua opera

I comportamenti complessivi degli italiani (e in particolare dei milanesi e dei lombardi) finora sono stati buoni o possono ancora migliorare?

“Credo che ognuno di noi si sia comportato responsabilmente. Con alcune eccezioni”…

Il fatto di essere un Paese con una popolazione anziana e (diciamo così) “particolarmente aperto” quanto ha influito sulla penetrazione e la diffusione del virus?
“Naturalmente i primi ad essere colpiti sono stati i più fragili, cioè gli anziani con patologie croniche. E’ normale, accade anche nelle epidemie influenzali”.

Quanti tamponi al giorno dovrebbe effettuare, secondo Lei, la Sanità pubblica milanese e lombarda per ottimizzare il lavoro di screening?

“I tamponi servono se sono mirati e non a tappeto. Almeno, io la penso così. Dire cinquemila positivi non significa cinquemila malati più o meno gravi, ma solo contagiati e in maggioranza asintomatici. Ovviamente, più tamponi processiamo e più positivi troveremo. E questi ultimi comprendono in maggior misura pazienti asintomatici”.

Secondo Lei a che punto siamo del percorso dei contagi? Ci sarà mai una fine della pandemia, al di là della possibile realizzazione di un vaccino o della scoperta di farmaci in grado di curare la malattia?

“Ad oggi non esistono farmaci, se non per trattare i sintomi. Speriamo che ci venga fornito prima possibile un vaccino efficace. Però sui tempi è difficile sbilanciarsi”

Chi si occupa di Statistica sostiene che gli unici indicatori che bisogna interpretare e di cui tenere conto sono le terapie intensive, i ricoveri, il rapporto nuovi positivi/tamponi e il rapporto nuovi positivi/persone testate. Rispetto ai mesi di marzo e aprile i numeri sciorinati attualmente dai mezzi d’informazione sono bassissimi. Eppure si continua a leggerli con particolare preoccupazione. E’ possibile trovare una via di mezzo, una forma di equilibrio fra l’allarmismo e un approccio superficiale?

“E’ vero, i numeri vanno analizzati. Un esempio tipico sono quelli della Lombardia: circa undici milioni di abitanti, con un numero di contagi superiore ad altre regioni, ma l’indice è minore, rispetto alle stesse. Infatti, perché la Svizzera blocca gli italiani provenienti dalla Liguria? Perché l’indice di contagio rispetto al numero di abitanti, appunto, è più elevato di quello della Lombardia. Comunque, un elemento importante è venuto alla luce: il territorio deve essere maggiormente presidiato dalla medicina di base, che in questo caso ha fallito e come conseguenza del fallimento gli ospedali si sono trasformati in veri e propri lazzaretti. Per non dire, inoltre, dei pazienti portatori di patologie oncologiche o croniche, che hanno omesso i controlli ambulatoriali ospedalieri per paura o peggio ancora per mancanza di offerta”.

Ermanno Accardi (giornalista e scrittore)