Alle Gallerie d’Italia la mostra Grand Tour, quando l’Italia era la meta privilegiata dell’élite europea del Settecento

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Fino al 27 marzo prossimo le Gallerie d’Italia-Piazza Scala, museo di Intesa Sanpaolo, a Milano, presentano la mostra “Grand Tour. Sogno d’Italia da Venezia a Pompei”, a cura di Fernando Mazzocca, con Stefano Grandesso e Francesco Leone, e con il coordinamento generale di Gianfranco Brunelli. L’esposizione, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e in partnership con il Museo Archeologico Nazionale di Napoli e il Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo, presenta circa 130 opere provenienti dalla collezione Intesa Sanpaolo, da collezioni private e da numerose istituzioni culturali italiane e internazionali, come The National Gallery di Londra, Musée du Louvre di Parigi, The Metropolitan Museum of Art di New York, Museo Nacional del Prado di Madrid, Rijksmuseum di Amsterdam, Victoria and Albert Museum di Londra, Österreichische Galerie Belvedere di Vienna, Statens Museum for Kunst di Copenaghen, Musée des Beaux-Arts di Lione, Gallerie degli Uffizi di Firenze, Musei Capitolini di Roma, Musei Vaticani, Museo e Real Bosco di Capodimonte di Napoli. Tra i prestiti anche due opere provenienti dal Regno Unito e appartenenti alla Royal Collection della Regina Elisabetta II, oltre ad altre opere provenienti da grandi residenze reali, come la Reggia di Versailles, la Reggia di Caserta e la Reggia di Pavlovsk, a San Pietroburgo.

RESTITUZIONE DELLE OPERE: RICHIESTA ATTENUATA

Purtroppo, è notizia di questi giorni, le Gallerie d’Italia avrebbero dovuto restituire anticipatamente a quattro musei russi 23 opere attualmente esposte nell’ambito della mostra, come richiesto dal ministero della Cultura russo. La richiesta era stata probabilmente una reazione alle sanzioni imposte dal mondo occidentale a Mosca, dopo l’invasione dell’Ucraina. Un duro colpo per gli appassionati e il mondo dell’arte in generale, perché la cultura dovrebbe unire, non dividere. L’arte è sinonimo di vita e bellezza, è un patrimonio di conoscenza dal valore inestimabile per le generazioni di oggi e per quelle che verranno. Le opere, invece (e per fortuna), saranno ritirate alla chiusura ufficiale. L’Ermitage ha raggiunto infatti un accordo con il ministero della Cultura russo, che vale anche per le altre opere prestate al nostro Paese in questo periodo.

Giulio Carlini, “La Famiglia Tolstoj a Venezia” (1855) – San Pietroburgo, Museo Statale Ermitage

IL GRAND TOUR, FENOMENO UNIVERSALE

Il Grand Tour, uno straordinario fenomeno di carattere universale, ha contribuito in modo determinante a creare quella percezione dell’Italia, legata alla bellezza del suo ambiente e della sua arte, ancora oggi di grande attualità, che rende davvero unica l’identità del nostro Paese. Tra la fine del Seicento e la prima metà dell’Ottocento l’Italia fu la meta privilegiata di letterati, artisti, giovani signori, membri della società aristocratica e colta europea. Solo in Italia, la cultura classica poteva raggiungere una compiuta sintesi di natura e di storia. Il grande viaggio (l’espressione fu utilizzata per la prima volta nel 1697, nel volume di Richard Lassels, “An Italian Voyage”) fu presto inteso come momento essenziale di un percorso educativo e formativo, nonché segno di un preciso status sociale. L’Italia rappresentava una tappa obbligata per artisti e studiosi amanti dell’architettura, della pittura e della scultura, sia antica, sia moderna. Le straordinarie scoperte archeologiche del Settecento ad Ercolano e Pompei aggiunsero nuovi motivi di interesse. Questo momento di formazione, diventato obbligatorio per le élite europee, ma poi anche per quelle provenienti da altri continenti, ha coinvolto sovrani, aristocratici, politici, uomini di chiesa, letterati, artisti, tutti affascinati dalla varietà del paesaggio italiano ancora intatto, dalla maestà delle città, dei monumenti e delle opere d’arte che facevano, e ancora oggi fanno, del nostro territorio, una sorta di meraviglioso museo “diffuso”. Particolare rilievo assumono i luoghi (le città tradizionali come Venezia, Firenze, Roma, Napoli e i borghi storici) e i paesaggi (dalle Alpi, al Vesuvio, all’Etna). La meta principale del Grand Tour è stata certamente Roma, la città universale ed eterna, prima capitale dell’antichità e poi della cristianità, dove si venivano a studiare i segreti e i canoni del bello, depositato non solo nei marmi antichi, ma anche nei capolavori del Rinascimento e del Classicismo seicentesco, mentre nel Lazio si ripercorrevano i luoghi celebrati dalla letteratura classica, che attraverso Orazio e Virgilio erano entrati nel mito. La magnificenza del paesaggio del golfo e della zona vesuviana, unita al fascino delle testimonianze dell’antichità, soprattutto dopo la riscoperta delle due città di Pompei e Ercolano, sepolte dalla catastrofica eruzione del Vesuvio del 79 d.C., hanno fatto di Napoli l’altra irrinunciabile meta di questo viaggio di istruzione e formazione, che si estese poi anche, sempre in Campania, alla recuperata area di Paestum, dove era possibile emozionarsi di fronte allo spettacolo sublime dei magnifici templi dorici, in un periodo in cui la Grecia, ancora sotto il dominio ottomano, era interdetta ai viaggiatori. Sempre le testimonianze della Magna Grecia spinsero i viaggiatori più ardimentosi, e uno dei primi fu Goethe nel suo famoso viaggio in Italia, verso la piiù lontana e sconosciuta Sicilia, destinata a incantare con l’asprezza dei suoi paesaggi primitivi e l’imponenza dei templi di Segesta, Selinunte e Agrigento, o del teatro greco di Siracusa. Altri luoghi privilegiati del Grand Tour furono città piene di eventi come Venezia, Vicenza (dove era possibile ammirare i palazzi di un genio universale come il Palladio, imitato in tutto il mondo) e Firenze (che nelle sue chiese e nelle sue collezioni, in particolare le Gallerie medicee, schiudeva agli occhi ammirati dei viaggiatori le meraviglie dell’antico come del Rinascimento). E più avanti anche Milano (grazie soprattutto alla presenza di Leonardo e del suo leggendario Cenacolo) e i vicini laghi (per lo splendore delle loro rive e delle ville famose sin dall’antichità) diventarono delle mete per i viaggiatori più esigenti.

Un particolare dell’allestimento della mostra Grand Tour, alle Gallerie d’Italia-Piazza Scala

UN NUOVO IMPULSO ALLE ARTI

L’Italia divenne per un lungo periodo il maggiore mercato, non solo dell’arte antica, ma anche di una produzione contemporanea ispirata alla memoria dell’antico. Sicuramente il più originale protagonista di questo gusto fu il genio di Piranesi, che nelle sue incisioni visionarie, nei suoi estrosi arredi, aveva proposto a una raffinata clientela internazionale una visione molto personale dell’immaginario classico. Sulla sua scia si registra un’impressionante ripresa delle manifatture artistiche più prestigiose, che dalla bronzistica all’oreficeria, al mosaico, alla glittica, hanno raggiunto livelli pari a quelli del Rinascimento. I prestigiosi assemblages in metalli e pietre preziosi del Valadier hanno incantato tutto il mondo, mentre le immagini delle più popolari sculture antiche sono state diffuse nelle regge e nelle dimore aristocratiche europee, dai bronzetti di Boschi, Zoffoli, Righetti, Hopfgarten, o dalle meravigliose statuine in biscuit di Volpato. Dalle richieste dei collezionisti stranieri ha tratto un nuovo slancio anche la pittura, soprattutto un genere prima considerato minore, come la veduta e il paesaggio. Anche in questo campo, grazie ad artisti della originalità e della grandezza di Canaletto, Panini, Joli, Lusieri, e degli stranieri venuti al seguito dei viaggiatori, come Hubert Robert, More, Wilson, Jones, Wright of Derby, Hackert, Volaire, Ducros, Granet, Valenciennes, Catel, è stato raggiunto tra il Settecento e l’Ottocento un livello prima impensabile, passando dalla razionalità scientifica dei vedutisti all’emozione del paesaggio, visto come espressione di uno stato d’animo dei romantici. Ma il genere piiù richiesto e amato dai collezionisti stranieri, insieme alle vedute dei luoghi visitati, è stato il ritratto. Alla celebrazione del proprio rango si sostituisce l’esaltazione del carattere e della cultura. Da qui la scelta di farsi rappresentare accanto ai monumenti e alle sculture antiche ammirate in Italia. Assoluto maestro in questo campo è stato Batoni, uno dei maggiori ritrattisti di tutti i tempi. I suoi ritratti hanno rappresentato uno status symbol, come quelli del suo rivale Mengs, delle due pittrici in competizione Vigée Lebrun e Angelica Kauffmann, di Von Maron, Tischbein, Sablet, Zoffany, Fabre, Gérard, Ingres. In questi giorni, alle Gallerie d’Italia, i visitatori si soffermano commossi davanti all’opera di Giulio Carlini “La famiglia Tolstoj a Venezia”, divenuta il simbolo dell’esposizione, oltre che per la sua straordinaria bellezza, proprio perché fa parte della collezione dell’Ermitage.

LA BELLEZZA DEL POPOLO ITALIANO

I viaggiatori dell’epoca erano attratti anche dalla singolarità dei nostri costumi e dalla bellezza di una popolazione apparentemente felice, che viveva la maggior parte dell’anno all’aria aperta proprio per la mitezza del clima. Un illustratore e pittore straordinariamente popolare come Pinelli e pittori come Sablet, Géricault, Robert, Schnetz e Delaroche, hanno saputo rappresentare la vita domestica nei suoi aspetti più avvincenti e commoventi, rivendicando la dignità del popolo. Il maggior giro di affari ha riguardato la scultura, a partire dal commercio dei marmi antichi, il loro restauro e spesso la produzione di copie, in cui è stato il maggiore protagonista Cavaceppi. Verso la fine del Settecento, grazie a Canova e ai suoi validissimi seguaci, si è affiancata la produzione di una scultura originale, che pur ispirata all’antichità ha saputo interpretare la sensibilità moderna, assicurando a questa arte, diventata l’orgoglio dell’Italia, una straordinaria fortuna nel corso del XIX secolo in tutto il mondo.

Stefania Chines