Alberto Fumagalli: “Milano città ideale? Sì, ma solo potenzialmente. Deve essere davvero alla portata di tutti”

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Nonostante abbia soltanto 35 anni è ormai uno dei pochi milanesi doc che abitano ancora qui. Quando gli ho chiesto di descrivere la nostra città in poche righe mi ha risposto che tempo fa, in uno dei suoi racconti, ha scritto che “Milano è come l’acqua: dicono che non ha sapore, ma tutti la bevono”. La ritengo una delle definizioni più azzeccate, in assoluto, del capoluogo lombardo. Alberto Fumagalli è un carissimo amico e un giovane scrittore veramente molto bravo a descrivere la realtà servendosi della fantasia e attingendo a piene mani dal suo innato senso dell’ironia. “Sai, dopo la Laurea in Scienze Umane dell’Ambiente ho lavorato diversi anni come disoccupato”, racconta semiserio, tanto per non smentire quello che ho appena scritto su di lui. “Mi occupavo di mandare curriculum on line o lasciarli nei negozi per essere cestinati. Vanto anche un gran numero di colloqui conoscitivi con persone rimaste sconosciute. Durante gli anni della disoccupazione, preso dalla rabbia e dalla noia e attendendo l’ennesimo colloquio di lavoro, ho preso carta e penna e ho iniziato a descrivere le persone attorno a me. E’ stato un rapporto sessuale meraviglioso, che ha dato vita, poi, ad altri piccoli racconti. In seguito ho scritto e pubblicato due romanzi: “Esperanza” (Prospero Editore) e “Crysi” (Ladolfi Editore). Da poco sono usciti i “Pensieri InVersi”, disponibili su Amazon. Li ho scritti in qualsiasi posto, in qualsiasi momento, in pochi secondi. Sono forse poesie, forse attimi, forse un gioco, forse opere d’arte, forse parole e basta. L’unica cosa certa è che sono inverse, come me. Ah, dimenticavo: io ad Amazon adesso ci lavoro, in teoria a tempo indeterminato, come supervisore”. Alberto si è laureato con una tesi, neanche a dirlo, milanese: “I luoghi di Milano nei Promessi Sposi, dal XVII secolo ad oggi”.

La copertina di “Pensieri InVersi”, il nuovo libro di Alberto Fumagalli

“Sì, Milano è in me”, conferma sorridendo. “Nel cognome, nel percorso di studi, è il posto in cui sono nato e vivo. Mi sono pure tatuato lo stemma della città. E che sia in continua evoluzione ho avuto modo di constatarlo proprio quando ho realizzato e presentato la tesi, evidenziando le trasformazioni che hanno avuto i luoghi, gli edifici e le vie descritte dal Manzoni nel romanzo. In passato i cambiamenti più consistenti hanno riguardato le vie di comunicazione e la scomparsa delle mura, ma la città ha mantenuto a grandi linee il suo carattere e il suo aspetto. Il principale problema è stato l’ampliamento urbanistico, molte volte ignorante, senza piani seri. Per parecchi anni la città è stata alimentata male, qualcuno l’ha fatta ingrassare male, troppe persone non le hanno voluto bene. Una sorta di spartiacque è stata Expo 2015, che ha portato diversi cambiamenti. Alcuni mi sono piaciuti, altri meno. A cambiare non sono state tanto le mappe o le vedute quanto il carattere, lo skyline e l’aspetto della città. Milano comunque si è potenziata e nel complesso è migliorata, è diventata ancora più internazionale. Negli ultimi anni sta anche scalando le classifiche relative al verde pubblico, un tema al quale sono sempre stato particolarmente sensibile. Molte aree sono state rivalutate e valorizzate, altre, purtroppo e per diversi motivi, continuano ad essere dimenticate. Mi è piaciuta meno la crescita in statura della città, che vedo più come un’emulazione, una piccola “newyorkizzazione” di una città che è sempre stata bassa, nata e cresciuta sull’acqua. La vecchia Milano era bellissima da vedere: circondata da mura, solo i campanili delle numerose chiese svettavano fra i tetti. C’era un’armonia visiva e religiosa, oggi quasi del tutto scomparsa. Ma Milano non è cambiata solo esteriormente: Milano è una persona, una femmina “un po’ mamma e un po’ puttana”, come dite tu e Domenico Megali nel vostro recente libro di racconti meneghini. E’ stata dei milanesi, poi ha accolto gli italiani da ogni regione e oggi accoglie il mondo”.

Hai appena citato Expo 2015. Oggi Milano, proprio da quando ha ospitato l’Esposizione Universale, viene definita la città ideale per i trentenni e i quarantenni, una forbice anagrafica in cui tu, peraltro, rientri. Ma è davvero così?

“Milano è una città potenzialmente adatta a tutte le fasce d’età. E’ una città “mondiale”, calamita a sé uomini d’affari, turisti, lavoratori, studenti. Il lavoro e le opportunità ci sono, ma il problema è la scarsa qualità dei contratti lavorativi. A Milano non manca nulla, ma è una città impegnativa economicamente, molto cara. Ho letto recentemente che è tra le città più care al mondo (anche più di Londra) come costi della vita in rapporto ai redditi. Questo dato macchia pesantemente la “vivibilità” della città. Gli affitti pesano per gli studenti che vengono da ogni parte d’Italia (spesso e volentieri devono trovare aiuto da uno o più coinquilini) e pesano anche per i lavoratori, che a Milano magari sono nati e ci vivono. Figuriamoci quanto tutto questo possano pesare per chi ancora non ha un lavoro o lo ha perso. E anche gli anziani, i pensionati, sono messi a dura prova. I costi, soprattutto delle case, hanno portato e stanno portando molte persone a lasciare il Centro per la periferia. La maggior parte di chi vive solo non può permettersi i mutui e gli affitti esorbitanti che ci sono in città. Quindi, riassumendo: Milano città ideale? Sì, ma solo potenzialmente. La mia città ideale deve essere davvero alla portata di tutti”. Ecco, il lavoro, croce e delizia di Milano, dei milanesi e di chi è venuto a vivere qui. Alberto Fumagalli ne parla spesso e mai a sproposito. “Sì, anche nei miei due romanzi il tema del lavoro è centrale”, dice. “A Milano il lavoro non manca. Manca invece la qualità dei contratti. E’ quasi impossibile trovare lavoro a tempo indeterminato o con condizioni economiche e durate decenti, ma ci sono talmente tanti negozi, centri commerciali, aziende e attività varie che le opportunità non mancano. Bisogna però accettare l’idea di lavorare per settimane, se va bene qualche mese, e non smettere mai, nel frattempo, di cercare altro. Io da laureato ho lavorato per più di un anno come magazziniere notturno ad Amazon, scaricando camion alle tre del mattino, movimentando pacchi e carrelli pesanti, accettando contratti con proroghe di una o due settimane. Dopo un anno trascorso così sono stato assunto dall’azienda e ho anche avuto una promozione e oggi ricopro un ruolo di gestione, con più responsabilità. Sono tante le persone che tramite le agenzie interinali vengono assunte e assegnate al magazzino. La cosa che spesso noto di più è la poca voglia di sacrificarsi e di lavorare.

Una bella espressione di Alberto Fumagalli, immerso nei suoi “Pensieri InVersi”…

Molte persone, di ogni età, si presentano ad esempio il primo giorno in ritardo, lavorano con scarsissimo impegno, non fanno assolutamente nulla per farsi notare. Forse non si rendono ancora conto di come sia la situazione, o fanno finta di non saperlo. Oppure, molto semplicemente, non hanno abbastanza umiltà e senso del sacrificio. Bisogna capire che il lavoro c’è, ma quasi sempre non è come lo si vorrebbe. Anche a me piacerebbe fare altro, ma visti i tempi bisogna prendere quello che viene e continuare a credere di trovare in futuro qualcosa di migliore. Ma se di base non si ha voglia di sacrificarsi è inutile parlare di ricerca del lavoro, è inutile lamentarsi. I disoccupati a Milano continuano ad essere tanti, non solo per la mancanza di voglia da parte di alcune persone, ma anche perché i contratti sono brevi, a volte demoralizzanti. Soprattutto con questo bisogna fare i conti. La situazione che si è creata demotiva, demoralizza. Poi ci sono internet e i social network, che aiutano, ma non del tutto. Per anni, come dicevo prima, ho mandato curriculum “on line” senza avere risposte. E questo è il rovescio della medaglia. Bisogna fare attenzione alla superficialità che sta dilagando, sta diventando tutto troppo veloce e superfluo. Anche nelle relazioni, anche nei rapporti. Stiamo diventando tutti un numero seriale di personal computer, profili virtuali e sempre meno esseri umani. Per quanto riguarda la ricerca del lavoro, sono dell’idea che la cosa migliore sia sempre recarsi in un’agenzia o cercare di persona i negozi che mettono annunci di ricerca del personale”.

Milano ha sempre avuto un respiro più ampio dei suoi confini. Tutto quello che la riguarda interessa sia a livello nazionale che internazionale. Pensi che sia in grado, anche oggi, di interpretare questo ruolo? Oppure è stata “colonizzata”, nel senso che questo interesse esterno ha prodotto investimenti economici e finanziari che hanno portato imprenditori, finanzieri e banchieri ad impadronirsene?

“Sì, lo dimostra soprattutto il fatto che sia stata scelta insieme a Cortina per le Olimpiadi Invernali del 2026. L’evento trasformerà la città nel centro del Mondo, come lo è stata, appunto, per Expo. L’organizzazione porterà a un nuovo sviluppo di tutta la Lombardia, non solo di Milano, che dovrà essere ancora di più all’avanguardia. Nuove infrastrutture, nuovi investimenti, nuovi edifici, più soldi nelle casse, più turismo, più tutto. Ma attenzione: nel “tutto” sono comprese anche le cose negative come l’inquinamento ambientale, gli sprechi, l’innalzamento dei costi, lo sbilanciamento nella valorizzazione urbanistica e via dicendo. Sarà un evento che metterà alla prova la città e soprattutto la sensibilità di chi la governa e la governerà”.

Che opinione hai del fenomeno dell’immigrazione a Milano? E di quello della sicurezza?

“Milano è la città dell’integrazione per eccellenza. Qui ci vivono persone di ogni nazionalità. Io lavoro e ho lavorato con albanesi, marocchini, rumeni, peruviani, filippini, senegalesi, inglesi, francesi, olandesi, iraniani, venezuelani, colombiani, brasiliani e potrei andare avanti con l’elenco. Milano è inoltre sempre più orientale e cinese, basti pensare alla Chinatown di via Paolo Sarpi e di via Canonica e ai numerosi ristoranti etnici in città. Per quanto riguarda la sicurezza, salvo alcune aree o quartieri che sono sempre stati “a rischio” (e nei quali non mi fiderei a lasciar camminare da sola una fidanzata o una figlia in certi orari), Milano è nel complesso una città sicura. Moltissime volte mi è capitato di tornare a casa in piena notte, salendo sulla “90” e sulla “91”: con me c’era solo gente povera, ubriaca, scappati di casa, con volti poco rassicuranti, ma non mi è mai successo nulla. Era più facile negli anni ‘90 trovare qualcuno che ti minacciasse con un coltellino o una siringa. Oggi i principali problemi della città credo siano quelli dello spaccio e della prostituzione”.

Per concludere, Alberto: Come vedi il futuro di questa città, in relazione anche all’attuale situazione italiana e internazionale?

Il futuro di Milano sembra destinato ad essere più che roseo, per quanto riguarda la sua crescita e la sua reputazione. E’ una città destinata a diventare sempre più “mondiale”, così come lo sono Londra, Parigi, New York. Ma la sua crescita va controllata, gestita, regolata con logica e sensibilità. Non bisogna mai dimenticare che una città è una “persona” che contiene centinaia di migliaia di persone e come tale, come una bambina, va cresciuta ed educata. Spero che Milano mantenga la sua identità, non si trasformi in una piccola New York piena di grattacieli, in una metropoli esageratamente sviluppata nel suo Centro e con periferie e quartieri abbandonati attorno, proprio come molte metropoli internazionali. Spero che Milano cresca senza dimenticarsi o trascurare le persone che la vivono. Spero che Milano cresca dando sempre maggiore importanza alle anime che la vivono rispetto ai soldi e al cemento. Spero che Milano non diventi una città soltanto per pochi, per benestanti, ma che diventi una città alla portata di tutti, non solo per gli uomini d’affari o di chi parcheggia il Suv in doppia fila. Insomma, spero”…

Ermanno Accardi (giornalista e scrittore)