No. F. Murray Abraham è categorico. “La vendetta non ha senso perché la vendetta non ha fine. È come un serpente che si mangia la coda”. E i riferimenti alla tragica attualità di ogni giorno, alle guerre, anche se impliciti, sono più che evidenti. Lo dice con grande lucidità, senza acrimonia, in un buon italiano, alla fine dell’anteprima di MILAREPA al Cinema Palestrina, dove il film sarà in programmazione dal 19 giugno prossimo, di cui è fra gli interpreti. Oyun, un vecchio saggio, è il suo ruolo e sagge sono le parole di Abraham quando dall’alto dei suoi 85 anni, assolutamente ben portati, e con la sua bella voce fonda, dichiara che il messaggio del film è proprio quello di ricordare a tutti, poiché ciascuno di noi è un tutt’uno nell’universo con gli altri, che abbiamo un’anima, una spiritualità indipendentemente dalla religione che professiamo o dalla nazione cui apparteniamo. E, affascinato dal messaggio del film oggi più che mai, un momento in cui tutti abbiamo bisogno di un centro, oltre che dalla stima che nutre da anni per Louis Nero, regista e produttore con Orwo Family, Abraham, Premio Oscar nel 1985 quale migliore attore non protagonista in “Amadeus”, ha accettato di calarsi nei panni di un uomo che rifugge la violenza, anche quella travestita da vendetta, perché la vendetta è adesso, è breve, ti dà una felicità effimera che dura solo un attimo. Mentre il suo interesse convinto per tutte le tematiche legate alla spiritualità risale a molto tempo fa. Gli fa eco, perfettamente in sintonia, il regista per il quale il cinema è arte pura, è fare ricerca, esplorare cercando. E sottolinea “il bisogno di raccontare storie che hanno catturato me e che poi spero catturino anche il pubblico”. MILAREPA – ovvero Mila vestito di tela, figura di spicco del Buddhismo tibetano – fu mago, poeta ed eremita, era già stato oggetto di due precedenti versioni cinematografiche: quella diretta da Liliana Cavani nel 1973 e un’altra nel 2006 a firma Neten Chokling. Qui ha la dolcezza della voce e dello sguardo di Isabelle Allen. Per la prima volta è una donna, dunque, che dovrà superare molte e difficili prove prima di arrivare alla purificazione e dunque alla saggezza finali. Sono molti i personaggi che incrocerà nel lungo cammino della sua vita tutti interpretati da figure sontuose e carismatiche quali Angela Molina, Franco Nero, Harvey Keitel, Hal Yamanouchi, Diana Dell’Erba. In una vicenda che si snoda in un lungo arco temporale ambientato nel fascino, nel mistero e nella suggestione di un’eterna Sardegna nuragica, tempio sacrale, focolare domestico, ricovero per armenti, incastonati nelle scenografie di Pasquale Meduri e vivificati dai colori accesissimi dei costumi di Alessandro Lai. Oscilla fra dramma e fantascienza la narrazione di 115 minuti nelle musiche di Andrea Guerra, mentre Louis Nero ricorda che una grande fonte di ispirazione è stata la scrittrice ed esploratrice francese Alexandra David-Néel, la prima donna occidentale ad aver attraversato il Tibet e ad arrivare a Lhasa, oltre ai volumi da lei dedicati al Buddhismo.
Elisabetta Dente