C’è un senso di sospensione, di malinconica bellezza, che accompagna la visita alla mostra GALTRUCCO. TESSUTI MODA ARCHITETTURA, allestita fino al prossimo 15 giugno a Palazzo Morando | Costume Moda Immagine.
Curata da Alessandra Coppa, Margherita Rosina ed Enrica Morini, l’esposizione celebra l’universo Galtrucco, indimenticato marchio milanese, attraverso un racconto per immagini, tessuti, figurini, arredi e allestimenti che si muove lungo un asse temporale che va dagli anni ’20 del Novecento ai primi anni Duemila. Un viaggio affascinante che comincia nella prima bottega di Novara e arriva fino al prestigioso punto vendita di via Montenapoleone, inaugurato nel 1981 e progettato da Piero Pinto.
Per me visitare la mostra è stato un vero viaggio nel passato. Ricordo ancora con nitidezza le volte in cui accompagnavo Mamma e Papà da Galtrucco in Piazza Duomo. Varcare la soglia di quel negozio significava entrare in un mondo ordinato, raffinato, in cui tutto sembrava pensato per dare valore al tempo e al gesto.
La mostra si articola in due sezioni: la prima, curata da Alessandra Coppa, dedicata alla comunicazione di Galtrucco attraverso i negozi, le vetrine e la pubblicità; la seconda, curata da Margherita Rosina ed Enrica Morini, incentrata sui tessuti venduti nei suoi spazi.
La narrazione relativa ai negozi è scandita dall’espansione della distribuzione nel campo tessile che arrivò a coprire buona parte del territorio nazionale (dalla prima bottega di Novara agli store di Torino, Milano, Trieste, Genova e Roma), sviluppando un concept di negozio il cui design di interni e gli arredi marcavano un’autentica capacità di innovare e le cui vetrine erano progettate e realizzate in modo da essere riconoscibili al primo sguardo.
Caratteristica di quelle del Secondo dopoguerra, oltre alle stoffe scenograficamente drappeggiate, era l’inserimento di figurini che suggerivano l’utilizzo sartoriale dei tessuti, per poi lasciare spazio dagli anni ’70 anche a capi già confezionati. Il corpus dei 299 figurini conservati nell’archivio Galtrucco, alcuni esposti in mostra, rappresenta materiale di grande interesse artistico, oltre che di memoria storica.

L’aggiornamento del concept della vetrina milanese si inserisce nell’ambito della ricostruzione postbellica della parte meridionale di Piazza Duomo. È in questa occasione che gli spazi delle vetrine si trasformano in vere e proprie “scenografie urbane”, che spesso seguono narrazioni riferibili a un tema preciso. Alcune di queste fanno da cornice all’esposizione, accompagnando il visitatore in una atmosfera evocativa.
La progettazione dei negozi fu affidata a due famosi architetti, Guglielmo Ulrich e Melchiorre Bega; particolarmente accoglienti, si presentavano come “negozi-salotto d’autore”, arricchiti anche da opere in ceramica di Fausto Melotti e dipinti della disegnatrice Brunetta. L’ultimo, inaugurato da Galtrucco nel 1981 in via Montenapoleone, fu progettato da Piero Pinto.
Fotografie, figurini, disegni e progetti (come quelli di Guglielmo Ulrich e di Luciano Baldessari in prestito, rispettivamente, dallo CSAC-Università di Parma e dal Politecnico di Milano), insieme a pezzi d’epoca originali, provenienti dall’Archivio Galtrucco e dall’Archivio Ulrich, ricostruiscono l’identità della storica attività commerciale nella prima parte del percorso espositivo.
La seconda parte si occupa dei tessuti per abbigliamento in vendita nei negozi Galtrucco e degli abiti che con quei tessuti sono stati confezionati in un arco di tempo che va dagli anni ’30 agli anni ’90 del Novecento.
Il filo conduttore sono gli album campionario e le tirelle che, anno dopo anno, hanno documentato quanto veniva offerto alla clientela e messi a confronto con una selezione di vestiti femminili e maschili realizzati con stoffe che in quei campionari hanno un riscontro.
Questi ultimi, assieme alle tirelle, sono stati gentilmente messi a disposizione da Clerici Tessuto & C. di Grandate, in provincia di Como, che ne è proprietaria.
Ripercorrendo la storia di Galtrucco, sono esposti abiti di sartoria accompagnati dalle relative pagine di campionario, ma anche da figurini, ingrandimenti di fotografie delle vetrine e interni dei negozi.
Seguono i modelli di Krizia, Chloé e Armani realizzati dagli anni Settanta in poi che documentano l’attività di progettazione e cobranding di Galtrucco con diversi marchi di prêt-à-porter.
Gli abiti in mostra provengono in buona parte dalla collezione di Palazzo Morando | Costume Moda Immagine che ha fornito scenografici vestiti da sera, leggeri capi da giorno, eleganti completi maschili, creazioni di Germana Marucelli e di sartorie degli anni ’50. La Fondazione Antonio Ratti di Como ha prestato un modello di confezione lariana la cui seta è precisamente documentata nei campionari Galtrucco. Da Torino provengono, invece, tre vestiti conservati.
Il valore della mostra non risiede soltanto nella qualità dell’esposizione, quanto nella capacità di evocare un approccio culturale in cui la moda era parte di un progetto fatto di gusto, artigianalità e soprattutto durata. Nulla a che vedere con il consumo veloce e impersonale che caratterizza molto spesso la moda contemporanea.
Personalmente, camminando fra le teche e le riproduzioni delle vetrine, ho provato un sentimento profondo di nostalgia. Nostalgia per una Milano che sapeva essere capitale dello stile, non tanto per clamore, quanto per misura. Una città in cui il negozio era un luogo dell’anima, non solo del commercio.
E un grande rimpianto per quell’idea di eleganza sobria e durevole che oggi sembra evaporata sotto il peso della fretta e della produzione in serie.
GALTRUCCO. TESSUTI MODA ARCHITETTURA è molto più di una mostra: è una lezione di stile, un invito a ricordare che la bellezza non è mai banale e che il buon gusto, come i tessuti ben fatti, resiste nel tempo. È un’occasione per ritrovare la Milano che abbiamo perduto e che probabilmente ci piacerebbe ritrovare…
Stefania Chines