Fino a pochi decenni fa, il nome “Paolo Pini” evocava uno dei più grandi ospedali psichiatrici d’Italia, un luogo chiuso, silenzioso, segnato dalla sofferenza e dall’esclusione. Oggi, invece, a chi attraversa i viali alberati di questo vasto complesso nella periferia Nord di Milano si presenta un’immagine completamente diversa: un ostello, un ristorante sociale, una nuova struttura sanitaria. Una trasformazione profonda, tanto simbolica quanto concreta.
L’ex manicomio, attivo dal 1932 fino alla chiusura definitiva nel 1999 a seguito della Legge Basaglia, si estende su oltre 400mila metri quadrati tra i quartieri di Affori e Comasina. Dopo anni di abbandono e incertezza, è stato oggetto di un progetto di riconversione che ha saputo trasformare la memoria dolorosa di un passato istituzionale in un futuro all’insegna dell’inclusione, della cultura e della solidarietà.
Cuore pulsante di questa rinascita è l’associazione Olinda, nata nel 1996 proprio per accompagnare il processo di deistituzionalizzazione del Paolo Pini. Grazie al lavoro congiunto di operatori, ex pazienti e volontari, sono nati nel tempo progetti concreti e innovativi, come l’ostello Olinda, che oggi accoglie viaggiatori da tutta Europa in un contesto verde e rilassato, e il ristorante Jodok, uno spazio conviviale dove lavorano anche persone con storie di disagio psichico, in un progetto di integrazione lavorativa e dignità personale.

Ma la trasformazione non si è fermata all’ambito turistico e culturale. Nel 2023, nell’area dell’ex ospedale è stata inaugurata una nuova struttura sanitaria moderna e funzionale, dedicata alla salute mentale e ai servizi territoriali, mantenendo così un legame con la vocazione originaria del luogo, ma ribaltandone il paradigma: dalla reclusione alla cura, dall’esclusione alla relazione.
Il Paolo Pini ospita oggi anche festival, laboratori artistici, spazi per il coworking e attività per il quartiere, diventando un vero e proprio polo civico e culturale. Un esempio concreto di come un luogo segnato dalla sofferenza possa rinascere grazie alla visione condivisa di comunità, associazioni e istituzioni.
Oggi, chi attraversa il cancello del Paolo Pini non entra più in un manicomio, ma in un laboratorio del futuro, dove accoglienza, cultura e salute camminano insieme…