Stefano Burbi: “Milano è il luogo adatto per far emergere il talento musicale per la mentalità aperta e per le maggiori possibilità di trovare investitori”.

Di lui gli addetti ai lavori e il pubblico dicono che la sua musica è seducente, classica ma figlia dei nostri tempi, ideale come colonna sonora di un film però anche in grado di stare da sola senza perdere la sua capacità di attrarre. Stefano Burbi, fiorentino, 62 anni, sposato con Carmela e padre di tre figli (Giovanni, Cristina e Stefania), è uno straordinario e molto apprezzato compositore e direttore d’orchestra, sia in Italia che all’estero. Un fiore all’occhiello della nostra musica e un uomo di cultura molto attento a tutto quello accade intorno a sé. Il suo lavoro lo porta qualche volta anche nella nostra città, della quale “canta” spesso le lodi, pur “suonandogliele”, quando secondo lui è il caso di farlo. Ci siamo conosciuti sulle pagine di Facebook, abbiamo chiacchierato molto al telefono, ma non ci siamo ancora abbracciati di persona, anche se ci ripromettiamo di farlo quanto prima, qui a Milano o nella sua sempre splendida Firenze. La nostra spontanea amicizia e la reciproca considerazione umana e professionale, oggi, ci portano a dissertare qui di cose milanesi (e non solo).

Caro Stefano, com’è cambiata e come sta cambiando Milano, secondo te?

“Milano è indubbiamente la città attiva e dinamica per antonomasia, un centro
nevralgico per l’economia. E si sa, dove ci sono capitali la cultura si sviluppa e si diffonde. E’ stato così anche in passato, nella Firenze dei Medici, nella Mantova dei Gonzaga, nella Roma dei Papi, nella Venezia dei Dogi e appunto nella Milano degli Sforza. Senza coloro che detenevano potere e denaro in queste città non avremmo avuto artisti e capolavori che hanno arricchito l’Italia intera. Oggi Milano è sempre la capitale economica del nostro Paese, ma si è forse allontanata da una certa realtà. Si privilegiano, a mio avviso, iniziative fortemente ideologizzate e a senso unico, che spesso sono estranee al gusto della maggioranza e solo tutto quello che è “evento” (vedi la Prima della Scala) viene considerato degno di attenzione. In pratica, l’elemento mondano o quello politico prevale sull’arte”.

Tu lavori nel mondo della musica, un osservatorio privilegiato sulla nostra città. Qual è, a tuo avviso, lo stato dell’arte, qui a Milano?

“Milano concede molte più possibilità di farsi vedere ed ascoltare dal pubblico, rispetto ad altre città italiane, ma certamente non come le più grandi capitali europee. La strada è ancora lunga, perché devono prevalere altre logiche rispetto a quelle politiche e clientelari, che purtroppo decidono quello che il pubblico può o non può ascoltare. Oggi un buon manager, attraverso strategie di marketing assolutamente estranee al valore intrinseco musicale ed artistico, può promuovere con successo chiunque.

IStefano Burbi durante un concerto da lui diretto

Io non mi ritengo appartenente al mondo della musica cosiddetta “classica”, perché porto nei miei concerti solo musica di mia composizione, quindi contemporanea, ma non nel senso che si è voluto erroneamente attribuire ai brani scritti oggi. Dire “musica contemporanea” dovrebbe solo significare musica scritta oggi e non come accade “musica ostica”, di difficile ascolto e di faticosa comprensione. Se i cartelloni riempiti di programmi a base di compositori contemporanei non attraggono la colpa non è certo del pubblico, ma dei musicisti che si intestardiscono a scrivere in modo poco comprensibile, cosa che non facevano i grandi del passato, che infatti erano popolari ai loro tempi. Trovo estremamente riduttivo e sintomatico della presenza di un pensiero dominante definire “contemporanea” solo la musica “colta” di un certo tipo e non, invece, come sarebbe giusto, tutta la musica scritta ai giorni nostri. E’
come dire che devi scrivere solo in un certo modo per essere contemporaneo, altrimenti non esisti”.

La musica classica e i giovani musicisti. Secondo te Milano è il luogo adatto per far emergere il talento musicale?

“Sì, più di altre città italiane per merito di una mentalità più aperta e per
maggiori possibilità di trovare investitori sul territorio”.

Milano ha sempre avuto un respiro artistico, musicale e culturale più ampio dei suoi confini. Pensi che sia in grado, anche oggi, di interpretare questo ruolo? Oppure questo interesse esterno ha prodotto più marketing e interessi economici che altro?

“Certamente le logiche del marketing si sono impossessate anche dell’arte in generale e della musica in particolare. Difficilmente gli investitori oggi capiscono il prodotto su cui devono puntare e purtroppo seguono le mode, per cui se devono scegliere tra uno bravo e uno famoso (le cose non vanno
sempre insieme) optano per il secondo e il primo è fuori dal gioco. Questo però avviene, sia pure in misura molto minore, anche nel resto del mondo, ma mentre all’estero la meritocrazia riesce ad essere decisiva qui avviene più raramente”.

Per concludere, Stefano: Come vedi il futuro culturale del nostro Paese e in particolare della nostra città?

“Sono e resto ottimista, ma si deve essere davvero aperti mentalmente e
capire che se si vuole un nuovo Rinascimento, in Italia come a Milano, si deve ricominciare ad investire sulla cultura, non solo del passato, ma anche del presente. Inutile piangere artisti in grado di creare musica, arte e letteratura solo dopo che sono passati a migliore vita. Godiamoceli ora, scopriamoli adesso, prima che sia troppo tardi”…

Ermanno Accardi (giornalista e scrittore)

 

Guarda il video di Stefano Burbi “La rosa del deserto”