Camillo de Milato: “Se vali nel lavoro o hai bisogno di aiuto Milano ti apre le braccia. Sono fiero delle mie origini pugliesi, ma questa città mi ha dato tutto”

Ha una storia personale e professionale così ampia e ricca di esperienze interessanti che più che un’intervista bisognerebbe dedicargli una biografia. Pugliese di Francavilla Fontana, 68 anni il prossimo 13 marzo, sposato, due figli e altrettante lauree, Camillo de Milato è un uomo delle Istituzioni (non solo milanesi) e un personaggio pubblico che non ha bisogno di grandi presentazioni perché il suo profilo è noto. Generale dell’Esercito Italiano, presidente della Fondazione Asilo Mariuccia e dell’Associazione Regionale Pugliesi a Milano. E poi diversi incarichi diplomatici e internazionali, riconoscimenti e onorificenze, tra cui quella di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica e l’Ambrogino d’Oro del Comune di Milano per l’impegno nelle Politiche Sociali a favore dei giovani e dei diversamente abili. Un rapporto strettissimo con la nostra città, al di là delle sue origini, da milanese vero, apprezzato e stimato dalla sua comunità. E neanche a dirlo anche dal sottoscritto, che lui onora con la sua amicizia e la sua stima. “Lavorando qui da molti anni l’ho attraversata in lungo e in largo”, esordisce nella nostra chiacchierata. Milano è una città che si reinventa tutti i giorni. Ho notato un grande cambiamento dopo l’Expo di cinque anni fa, i milanesi ne hanno tratto un’opportunità fantastica. Basta vedere come si sia sviluppata in verticale e come la rete metropolitana aumenti sempre di più. Milano piace perché offre risposte alle esigenze dei giovani (con ben sette università e una movida nutrita), promette sicurezza ai malati per la presenza di molti ospedali (tutti ben attrezzati), propone a chi la visita per lavoro o per turismo il meglio in tanti settori, dalla moda al design, dalla lirica all’arte, dai musei all’enogastronomia. Certo, le periferie hanno bisogno di più attenzione. Penso, però, che Milano sia una capitale in ogni ambito. Tranne quello politico, naturalmente”.

Camillo de Milato con il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, già Prefetto di Milano.

Sei un militare e come tale il tuo è un osservatorio privilegiato sulla città e sui suoi molteplici aspetti legati all’organizzazione, all’amministrazione e alla sicurezza…

“Sì, sono un uomo delle Istituzioni. Guardo i fatti e le persone senza pregiudizi di partito o di tifoseria verso un leader. Non dico che il mio punto di vista sia sempre quello giusto, ma sicuramente non sono in malafede”.

Scopriamo le carte, Comandante. Il tuo nome circola insistentemente come candidato sindaco del Centro-Destra alle elezioni comunali del prossimo anno. Cosa c’è di vero e cosa pensi di fare?

“Sono da sempre apartitico. Non sono né di destra né di sinistra. Se mi schierassi da una parte farei sicuramente peggio le due cose che mi stanno più a cuore: l’impegno sociale verso le persone più fragili e l’organizzazione di eventi culturali”.

Qual è, a tuo avviso, il livello attuale della politica e della comunicazione pubblica milanese? E quali contributi ha portato, secondo te (se lo ha portato) lo sviluppo dei social network?

“Ho avuto una recente esperienza di amministratore come subcommissario della provvisoria gestione di Roma Capitale, con il Prefetto Tronca, fra il dicembre del 2015 e il giugno del 2016, con diverse deleghe per alcuni municipi cittadini. Posso fare, quindi, una comparazione. Gli amministratori a Milano sono competenti e dispongono di una classe di dirigenti veramente valida. Per quanto riguarda i social network, posso dire che nella nostra città rappresentano un canale strategico di comunicazione. Utilizzato bene, con i 28 milioni di italiani che li frequentano, possono portare informazioni immediate sui programmi già definiti o sulle cose che si vogliono fare. La definirei una politica-marketing. Una volta un esponente politico aveva bisogno di un bravo segretario, mentre oggi il comunicatore è l’elemento fondamentale della sua squadra”.

Camillo de Milato in compagnia dei magistrati Stefano Dambruoso e Jole Milanesi

Siamo d’accordo sul grande respiro internazionale della nostra città. Non credi, però, che proprio per questo rischi una “colonizzazione”, nel senso che imprenditori, finanzieri e banchieri possano impadronirsene?

“Sì, è vero, Milano è un ponte verso il mondo, ma non penso che rischi di essere depredata. E’ chiaro, comunque, che gli investitori scommettono sempre su un cavallo vincente”.

Che opinione hai del fenomeno dell’immigrazione a Milano? In fin dei conti, sei un immigrato anche tu, come me…

“Milano ti accoglie e se vali nel lavoro ti apre le braccia, senza chiederti da dove vieni. Milano è anche la città del volontariato e se hai bisogno di aiuto ti offre il cuore. Sono orgoglioso delle mie origini pugliesi, fatte di colori e calore, ma mi sento milanese perché Milano mi ha dato tutto”.

Il 2020, a Milano, è “L’Anno della Donna”. Ritieni la nostra città a misura, appunto, di donna? Ambiti come la cultura, la sicurezza e il lavoro privilegiano la condizione femminile?

“C’è ancora molto da fare su questo terreno. Una donna per raggiungere un ruolo di vertice deve valere più di un uomo. Guarda soltanto il numero delle rettrici universitarie, rispetto ai colleghi: 9 su 76. Purtroppo ci vorrà tempo, ma a Milano esiste già la concentrazione maggiore di donne con ruoli importanti. Le tendenze di cambiamento e di sviluppo partono sempre da qui”.

Un’ultima domanda: come vedi il futuro di questa città, in relazione anche all’attuale situazione italiana e internazionale?

“Milano è una città di livello mondiale, caro Ermanno, lo sai molto bene anche tu. Come ho detto prima è capace di trasformarsi e cogliere le opportunità. Nel 2026, ad esempio, avremo le Olimpiadi Invernali, una vetrina internazionale semplicemente straordinaria. Che piaccia o no, siamo e saremo sempre la locomotiva d’Italia”.

Ermanno Accardi (giornalista e scrittore)